Nick:  Password:  Ricordami: Cookies non abilitati!    Ricorda Password  REGISTRATI
Home   
Cos'è il BDSM   
News   
Novità   

ConCorsetto   
Gallery   
Forum   
Taccuini   
Puntine   

L'Esperto   
Pervipedia   
Interviste   
Articoli   
Poesie   
Racconti   

Regioni   
Eventi&Feste   
Inserzioni   

Sondaggio in corso!  Sondaggi   
Links   

Help e FAQ   


Discutere il RUOLO
di Skorpio
inserito da Skorpio - 02/01/2014 - Letto 1963 volte.

Discutere il RUOLO

Stefano Re - 2004


Padroni e schiavi: quando la relazione non c'è si tende a sopperire alla assenza di "sostanza" con gesti simbolici. Mezzi inadeguati per trasmettere un messaggio, livello oggetto e livello di relazione: imparando a meta-comunicare.


IL RUOLO BDSM - osservazioni e meccanismi


RUOLI e COMUNICAZIONE

Non è affatto cosa rara trovarsi di fronte in un ambiente BDSM virtuale come reale, individui che si presentano come "Padrone" o "schiavo". Gli stessi nickname contengono con grande frequenza queste parole o altre che comunichino il ruolo di chi lo utilizza. Anche dove tali richiami siano assenti o sfumati, le persone sembrano doversi "presentare" spiegando il proprio ruolo, e le proprie aspettative di relazione BDSM entro pochi minuti dall'avvio di un dialogo. Questa breve introduzione viene di solito preceduta dalle parole "mi presento" - ed in alcuni ambienti (come ad esempio alcune comunità Goreane) è addirittura obbligatoria. Lo stesso concetto di "switch", nato evidentemente per rappresentare una variabile (colui che vive entrambi i ruoli a seconda del partner e/o della situazione), diventa a sua volta una "presentazione". Il ruolo dunque come elemento essenziale di presentazione - ma anche come prospettiva di relazione. Nell'affermare difatti che si è "schiavi" o "Padroni" è evidente che si fornisce un parametro cui attenersi nel corso della comunicazione che segue. Alcuni effetti di questo meccanismo sono immediatamente comprensibili - altri meno. Ne discuteremo alcuni nelle prossime righe.

Anzitutto vi sono due piani su cui il ruolo assume importanza: la comunicazione con gli altri e l'identità (o percezione di noi stessi). Benché le due funzioni siano strettamente connesse, in questo articolo ci occuperemo principalmente della prima. Occorre però chiarire da subito che ogni comunicazione definisce noi stessi - tanto nel fornire agli altri una "immagine di noi" quanto nel fornirla a noi stessi. Per comprendere come i ruoli svolgano queste funzioni, occorre introdurre i concetti di "messaggio oggetto" e "messaggio di relazione".


Messaggio Oggetto VS Messaggio di Relazione.

Ogni comunicazione offre almeno due classi di messaggio, il messaggio oggetto e il messaggio di relazione: la frase "sai che ore sono?" implica un messaggio oggetto che dice "vorrei che tu mi dicessi che ore sono" e un messaggio di relazione che dice "io ho il diritto di chiederti se sai che ore sono". Difatti questa frase la diciamo ad un nostro amico o ad un passante, ma non al papa, anche se li incontriamo nel medesimo contesto. E dove ci si trovasse a fare questa domanda al papa, sarebbe chiaro che se il messaggio oggetto è lo stesso, il messaggio di relazione assume un significato assai differente. Benché comprendere i messaggi di relazione non sia difficile, siamo tutti abituati a non osservarli in alcuna misura, concentrandoci sui messaggi a livello oggetto. Per questo a volte diventa incomprensibile come mai due persone che dicono la stessa identica cosa litighino parlando di quella cosa precisa, oppure come mai alcuni complimenti ci risultino sgradevoli e alcuni insulti assai piacevoli. La spiegazione sta nel messaggio di relazione, che ha il potere di rendere totalmente ininfluenti i messaggi a livello oggetto. Un esempio molto semplice sia il lapsus: un innamorato che sussurra alla sua amata "per me tu sei una morta" volendo invece dire "torta" può provocare una faccia stupita e poi un sorriso se la relazione tra i due è serena. Ma se la relazione fosse ad esempio in crisi o vicina ad un punto di rottura, un simile lapsus diventerebbe molto più difficile da spiegare.


"Salve, sono uno schiavo"

Nel mondo BDSM, la frase "salve io sono uno schiavo" trasmette un messaggio oggetto che dice "ti notifico che io sono uno schiavo", il che introduce il primo dei paradossi originati dai ruoli nella comunicazione. Definirsi "uno schiavo" (ovviamente vale anche per "un Padrone") è semplicemente un assurdo, poiché essere schiavo è una funzione di relazione e non una definizione a sé stante. Occorre difatti essere schiavi di qualcosa o qualcuno, oppure padroni di qualcosa o qualcuno. Ove non si tratti di una persona fisica, si tratta di una immagine mentale, quindi della nostra stessa fantasia. Voler sganciare queste funzioni di relazione da un "altro da sé" e renderle assolute implica alcune, spiacevoli, conseguenze. La prima è verso l'esterno, poiché costringe gli altri a riferirsi a noi secondo uno schema di comportamento che non ha "sostanza" ma solo apparenza. La seconda riguarda noi stessi, nella misura in cui una volta introdotto questo "concetto astratto" di Padrone o schiavo ci tocca riferirci ad esso nei nostri comportamenti e quindi nella nostra identità (immaginatevi una persona che dopo aver detto "salve sono uno schiavo" si trovi a riconoscere un suo dipendente di lavoro tra i presenti).


Se già a livello oggetto quel tipo di presentazione risulta assurdo, ancora più sconcertante ne esce il messaggio di relazione. Esso dice "desidero che tu mi identifichi come uno schiavo" - quando ancora nessuna relazione è stata stabilita! Ora, risulterà chiaro a chiunque che essere schiavi di qualcuno, o esserne padroni, implica la costruzione di una relazione di reciproco riconoscimento in cui si assumano, appunto questi ruoli reciproci. Ove non vi sia stata alcuna "costruzione", in termini relazionali, l'interlocutore è obbligato a rapportarsi ad uno stereotipo, ad una regola astratta di comportamento che sia adatta ad "uno schiavo". Tutto ciò induce i due interlocutori, tanto nel rappresentare gli uni gli altri quanto nel costruire la loro comunicazione reciproca a riferirsi a forme stereotipe astratte, delle regole "di scena" appunto. Le personalità individuali dietro i simboli scompaiono, soffocate.


Già meno incertezze pone il dire "Salve, io sono lo schiavo di Miss CippaLippa". In questo caso a livello oggetto l'unico problema parrebbe essere se all'interlocutore debba interessare o meno questa informazione. Eppure a livello di relazione il messaggio diventa "desidero che tu mi identifichi come schiavo di Miss CippaLippa", con le conseguenti difficoltà: chi è Miss CippaLippa? Che cosa implica questo status nel modo di comunicare? Che tipo di relazione si suppone adeguata tra me, chi mi parla e questa terza persona? E come tutto ciò si riflette nella nostra comunicazione? Queste questioni inevitabilmente trovano risposta nel riferirsi ad uno stereotipo - riportando alle stesse identiche ricadute di cui sopra.

Si badi che questo descritto non è un meccanismo differente da chi si presentasse dicendo "salve sono il tesoriere di Miss CippaLippa", il che potrebbe assumere un dato significato di relazione se, ad esempio, MissCippaLippa vi deve dei soldi o voi ne dovete a lei. Ma nella sostanza, presentarsi come "un tesoriere" può parere bizzarro, ma non implica un oscuramento della personalità individuale - come invece avviene nei ruoli BDSM, in cui lo "schiavo" implica una relazione che - se non è individuale (sono schiavo di questa persona, in queste specifiche condizioni di relazione) diventa necessariamente universale (sono schiavo). Gli effetti di questo adattamento ricade tanto sulla comunicazione con gli altri, soggetta allo stereotipo, quanto sulla nostra medesima identità.


Superare lo stereotipo

Se il modello di relazione stereotipo nasce dalla necessità di fare "dialogare" due immagini riflesse, per evitarlo occorre ribaltare la situazione. Conoscere una persona prima e aldilà del suo ruolo BDSM è la strada più efficace per dare agio alla nascita di una reale relazione BDSM. Una volta stabilita una comunicazione, difatti, non è affatto complicato introdurre le proprie fantasie, i propri desideri, il proprio "sogno BDSM" - presentandolo per ciò che è: un modello astratto di relazione. Ho già pubblicato un articolo sulla condivisione delle fantasie che potrà tornare utile a chi abbia difficoltà a affrontare l'argomento. Chi volesse lo può trovare qui: » Fantasie EROTICHE. Introdurre quindi la propria fantasia e renderla un giocattolo da condividere con l'altro. E attuare gesti e comportamenti che trasmettano il messaggio di relazione che desideriamo rendere reale: che esso sia "io ti domino" o "desidero essere dominato da te". Come si fa? Nel modo più semplice del mondo! Inginocchiandosi a togliere le scarpe del partner la sera prima quando si va a letto, portandogli da bere o da mangiare senza portarlo per se stessi, donandogli piacere sessuale e privandosene, dichiarandogli che tutto ciò ci eccita e ci piace. O invece dicendogli scherzosamente che non deve parlare per un minuto di seguito, pena una punizione giocosa ma anche fastidiosa, e infliggendola in modo inesorabile, commentando che il fatto che vi serva sia naturale e piacevole, infliggendo lievi umiliazioni e mostrando come questo ci ecciti. Se l'altro trova congeniale questa "proposta di relazione" lo mostrerà senza alcun dubbio con il suo comportamento, e insieme costruirete quella relazione di ruolo che desiderate, così come tra voi è possibile che si concretizzi. Riscoprire i ruoli dunque, non più come nostre rappresentazioni ma come funzioni da costruire in una relazione, ogni volta diversi e ogni volta unici, come unica è l'alchimia che si crea con ciascun differente essere umano.


Stefano Re - 2004


http://www.skorpio.net

http://skorpiosnest.wordpress.com/

http://www.facebook.com/stefano.re

http://fetlife.com/users/2143281



Link:

Embed HTML:


Tutti i diritti riservati - LEGAMI.ORG - Regolamento