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The Traffic in Women, Notes on The 'Political Economy' of Sex
di Gayle Rubin
inserito da Abatenero - 28/10/2015 - Letto 983 volte.

Chi è Gayle Rubin


The Traffic in Women, Notes on the ‘Political Economy’ of Sex, fu pubblicato per la prima volta nel 1975, nel volume “Toward an Anthropology of Women”, a cura di Rayna Reiter,  da una giovanissima Gayle Rubin, conquistandole immediati riconoscimenti e contribuendo a fondare la sua fama accademica. E' questo il saggio in cui venne introdotto per la prima volta il concetto di "Sex/Gender System" destinato ad avere una influenza determinante sul femminismo e gli studi di genere.

La versione qui tradotta è quella apparsa in Deviations, il volume che raccoglie i saggi più importanti della Rubin, edito dalla Duke University Press, con una integrazione da una precedente edizione, a causa di un errore di editing. Il volume è acquistabile on line sul sito della Duke, ovvero su Amazon, anche in formato Kindle.

Questa è la prima traduzione italiana di The Traffic in Women, pubblicata su Legami grazie al consenso dell’autrice e per gentile concessione della Duke University Press, che ne detiene i diritti. Copyright 2012, Gayle Rubin, tutti i diritti riservati. La licenza della DUP non consente la ripubblicazione in alcuna forma, ed il rinnovo della licenza annuale è legato al rispetto delle restrizioni imposte, quindi vi preghiamo di rispettarle a vostra volta. Su altri siti è possibile solo inserire link che rimandino a questa pagina.

Avvertenze sulle Note

Le note con apici a numerazione semplice (1, 2, 3, ...) sono originali dell’autrice nell’edizione del saggio pubblicata in Deviations dalla Duke University Press. Tuttavia in questa edizione un errore di revisione ha cancellato una intera sezione del saggio, intitolata “Dentro il Labirinto”. In accordo con l’autrice, abbiamo recuperato questa sezione da una edizione precedente; le note che si riferiscono esclusivamente a questa sezione hanno gli apici chiusi tra parentesi – (1), (2), (3), etc. - e si trovano in coda a quelle del testo principale.

Le note i cui apici costituiscono link sono approfondimenti che può essere interessante leggere nel contesto del discorso principale; cliccando sull’apice verrete automaticamente trasportati alla nota, alla fine della quale un altro link vi riporterà al punto del testo che avete lasciato. Le altre note sono riferimenti bibliografici e rimandi alle fonti. Dove è stato possibile ritrovarle, sono indicate le edizioni italiane dei testi citati.

Poche note sono del traduttore. Sono indicate con la dicitura N.d.T. sull’apice, e danno scarne informazioni su alcuni termini e personaggi non chiariti o discussi dall’autrice.

 

*****

Il Traffico di Donne,
 Note sulla ‘Economia Politica’ del Sesso.

di Gayle Rubin

 

La letteratura sulle donne – sia femminista che antifemminista – è una lunga elucubrazione intorno alla questione della genesi e della natura della subordinazione sociale e dell’oppressione delle donne. Il quesito non è banale, dato che le eventuali risposte determinano la nostra visione del futuro, ed il nostro giudizio su quanto sia realistico sperare in una società sessualmente egualitaria. Più importante ancora, l’analisi delle cause dell’oppressione femminile costituisce la premessa per decidere cosa si dovrebbe cambiare per poter realizzare una società priva di gerarchie di genere. Perciò, se alla radice dell’oppressione femminile ci sono l’innata aggressività e la tendenza alla dominazione maschile, allora il programma femminista dovrebbe logicamente prevedere o lo sterminio del sesso aggressore, o altrimenti un progetto eugenetico teso a modificarne il carattere. Se il sessismo è un sottoprodotto dell’inestinguibile avidità di profitto capitalista, allora dovrebbe scomparire con l’avvento di una rivoluzione socialista pienamente riuscita. E se la storica sconfitta mondiale delle donne è avvenuta ad opera di una rivolta patriarcale armata, allora è tempo che le Amazzoni guerrigliere comincino ad addestrarsi sugli Adirondacks

E’ al di là degli scopi di questo saggio condurre una critica serrata delle più comuni spiegazioni popolari della genesi dell’ineguaglianza sessuale – teorie come l’evoluzionismo divulgativo esemplificato da The Imperial Animal, il preteso rovesciamento di matriarcati preistorici, o il tentativo di ricavare tutti i fenomeni di subordinazione sociale dal primo volume del Capitale.1 Piuttosto, vorrei abbozzare qualche tratto di una spiegazione alternativa del problema.

Marx una volta chiese: “Cos’è uno schiavo negro? Un uomo di razza nera. Una definizione è buona quanto l’altra. Un Negro è un Negro. Diventa uno schiavo solo all’interno di certi rapporti. Un filatoio multiplo per il cotone è una macchina per filare il cotone. Diventa capitale solo all’interno di certi rapporti. Al di fuori di questi rapporti, Tom non è capitale più di quanto l’oro in se stesso sia denaro o lo zucchero sia il prezzo dello zucchero”.2 Si potrebbe parafrasare: cos’è una donna addomesticata? Una femmina della specie. L’una definizione è buona quanto l’altra. Una donna è una donna. Diventa una domestica, una moglie, un bene mobile, una coniglietta di playboy, una prostituta o un dittafono umano solo all’interno di certi rapporti. Sottratta a questi rapporti, una donna non è la serva dell’uomo più di quanto l’oro in se stesso sia moneta ... e così via. Cosa sono, allora, questi rapporti grazie ai quali una femmina diventa una donna oppressa? Il punto di partenza per cominciare a chiarire il sistema di relazioni attraverso il quale le donne diventano prede dell’uomo è nel sovrapporsi ed intersecarsi dei lavori di Claude Lévi-Strauss e Sigmund Freud. La domesticazione delle donne, con altra terminologia, è discussa a lungo nelle opere di entrambi. Studiando questi lavori si comincia ad avere la percezione di un sistematico apparato sociale che preleva femmine come materiale grezzo per trasformarle in donne addomesticate come prodotto finale. Né Freud né Lévi-Strauss vedono il loro lavoro in questa luce, e certamente nessuno dei due osserva criticamente i processi che descrive. Le loro analisi e descrizioni devono perciò essere lette più o meno nello stesso modo in cui Marx lesse gli economisti politici classici che lo precedettero.3 Freud e Lévi-Strauss sono in qualche modo analoghi a Ricardo e Smith: essi non vedono né le implicazioni di quanto vanno dicendo, né le critiche implicite che il loro lavoro può generare quando sottoposto ad un’ottica femminista. Nondimeno, essi forniscono degli strumenti concettuali con cui è possibile costruire una descrizione di quella parte della vita sociale che è il locus dell’oppressione delle donne, delle minoranze sessuali, e di certi aspetti dell’intima personalità umana individuale. Chiamo questa parte della vita sociale “sex/gender system” per mancanza di un termine più elegante. Come definizione preliminare, un “sex/gender system” è una serie di convenzioni con cui una società trasforma la sessualità biologica in un prodotto dell’attività umana, ed in cui queste modificate necessità sessuali vengono soddisfatte.

Lo scopo di questo saggio è di arrivare ad una più completa definizione del sex/gender system, per mezzo di una lettura in qualche modo idiosincratica ed esegetica di Lévi-Strauss e Freud. Uso la parola esegetica deliberatamente. Il dizionario definisce esegesi come una “spiegazione critica o analisi; in particolare, l’interpretazione delle Scritture”. A volte la mia lettura di Lévi-Strauss e Freud è liberamente interpretativa, muovendo dal contenuto esplicito del testo ai suoi presupposti ed implicazioni. La mia lettura di certi testi psicoanalitici è filtrata attraverso la lente fornita da Jacques Lacan, la cui personale interpretazione del testo freudiano è stata fortemente influenzata da Lévi-Strauss.4

Tornerò più tardi a precisare la definizione di sex/gender system. Prima, comunque, cercherò di dimostrare la necessità di un simile concetto esaminando il fallimento del Marxismo classico nell’esprimere compiutamente o concettualizzare l’oppressione sessuale. Tale fallimento risulta dal fatto che il Marxismo, come teoria della vita sociale, è relativamente indifferente al sesso. Nella mappa del mondo sociale di Marx, gli esseri umani sono lavoratori, contadini o capitalisti; che essi siano anche uomini e donne non è considerato veramente significativo. Per contrasto, nella mappa della realtà sociale tratteggiata da Freud e Lévi-Strauss c’è un profonda consapevolezza dell’importanza della sessualità nella società e delle profonde differenze nelle esperienze sociali di uomini e donne.

Marx

Nessuna teoria rende conto dell’oppressione delle donne – nella sua infinita varietà e monotona similarità, attraverso le culture e la storia – con qualcosa di simile al potere esplicativo della teoria marxista dell’oppressione di classe. Non è perciò sorprendente che ci siano stati numerosi tentativi di applicare l’analisi marxista alla questione femminile. Ci sono molti modi di farlo. E’ stato argomentato che le donne sono una forza lavoro di riserva del capitalismo, che i salari generalmente più bassi delle donne garantiscono un plusvalore extra al datore di lavoro capitalista, che le donne assecondano gli scopi del consumismo capitalistico nel loro ruolo di amministratrici dei consumi familiari, e così via. Comunque, un certo numero di lavori hanno tentato di fare qualcosa di molto più ambizioso – collocare l’oppressione delle donne nel cuore della dinamica capitalista sottolineando la relazione tra il lavoro domestico e la riproduzione della forza lavoro.5 Fare questo significa collocare le donne direttamente nella definizione di capitalismo, il processo attraverso il quale il capitale è prodotto estraendo il plusvalore dal lavoro per mezzo del capitale stesso.

In breve, Marx argomentò che il capitalismo si distingue da tutti gli altri metodi di produzione per il suo specifico scopo: la creazione e l’incremento di capitale. Mentre altri metodi di produzione possono trovare il loro scopo nel realizzare cose utili a soddisfare bisogni umani, o nel creare ricchezza per una aristocrazia dominante, o per assicurare sacrifici sufficienti a glorificare gli Dei, il capitalismo produce capitale. Il Capitalismo è un insieme di rapporti sociali – forme di proprietà, e così via – nel quale la produzione consiste nel trasformare denaro, cose e persone in capitale. Ed il capitale è una quantità di beni o denaro che, quando scambiato col lavoro, si riproduce ed incrementa trasferendo lavoro non pagato, o plusvalore, dai lavoratori a se stesso. “Il risultato del processo di produzione capitalista non è né un semplice prodotto (valore d’uso) né una merce, cioè un valore d’uso che ha un valore di scambio. Il suo risultato, il suo prodotto, è la creazione di un plusvalore per il capitale, e conseguentemente l’effettiva trasformazione di denaro o merce in capitale”.6

Lo scambio tra capitale e lavoro che produce plusvalore, e quindi capitale, è altamente specifico. Il lavoratore ottiene un salario; il capitalista ottiene i prodotti che il lavoratore o la lavoratrice ha realizzato durante il suo orario di lavoro. Se il valore totale delle cose che il lavoratore ha prodotto eccede il valore del suo salario, lo scopo del capitalismo è stato raggiunto. Il capitalista ottiene indietro il costo del lavoro, più un incremento – il plusvalore. Questo può succedere perché il salario non è determinato dal valore di quel che il lavoratore produce, ma dal valore di quello che occorre per mantenerlo – per sostentarlo giorno per giorno, e per riprodurre l’intera forza lavoro da una generazione all’altra. Dunque il plusvalore è la differenza tra quello che la classe lavoratrice produce nel suo insieme e la quota di quel totale che è impiegata nel mantenerla.

Il capitale scambiato con la forza lavoro è convertito in beni di prima necessità, consumando i quali muscoli, nervi, ossa e cervelli dei lavoratori vengono rigenerati e nuovi lavoratori generati… Il consumo individuale del lavoratore, che avvenga all’interno dell’officina o al di fuori di essa, che sia parte del processo di produzione o no, costituisce perciò un fattore di produzione e riproduzione del capitale; esattamente come la manutenzione dei macchinari.7

Considerando l’individuo, la produzione di forza lavoro consiste nella rigenerazione di se stesso, ovvero nel suo mantenimento. Per il suo sostentamento richiede una data quantità di mezzi di sussistenza. La forza lavoro si mantiene in attività solo lavorando. Ma per ciò stesso una certa quantità di muscoli, cervello e nervi, etc, è consumata e richiede di essere ricostituita.8

L’ammontare della differenza tra la riproduzione della forza lavoro ed i suoi prodotti dipende, perciò, dalla determinazione di quanto occorra per rigenerare quella forza lavoro. Marx tende a quantificarla sulla base della quantità di beni – cibo, vestiario, combustibile, alloggio – necessari per mantenere vita, salute e robustezza di un lavoratore. Ma questi beni devono essere consumati prima di poter divenire sostentamento, ed essi non si presentano in forma immediatamente consumabile quando sono acquistati dal salario del lavoratore. Occorre lavoro addizionale perché questi beni vengano ritrasformati in persone. Il cibo deve essere cucinato, i vestiti puliti, i letti rifatti, la legna tagliata. Il lavoro domestico è perciò un elemento chiave nel processo di rigenerazione del lavoratore da cui viene estratto plusvalore. Poiché sono generalmente le donne a fare i lavori domestici, è stato osservato che è attraverso la rigenerazione della forza lavoro che le donne sono organicamente inserite nel meccanismo del plusvalore che è la conditio sine qua non del capitalismo.9 Si può inoltre sostenere che, poiché non viene pagato alcun salario per il lavoro domestico, il lavoro casalingo delle donne contribuisce alla quantità finale di plusvalore realizzato dal capitalista. Ma spiegare l’utilità delle donne per il capitalismo è una cosa. Sostenere che questa utilità spieghi la genesi dell’oppressione delle donne è tutt’altra cosa. E’ esattamente a questo punto che l’analisi del capitalismo cessa di essere esplicativa dell’oppressione delle donne.

Le donne sono oppresse in società che nessuno sforzo di immaginazione potrebbe descrivere come capitaliste. Nella Valle del Rio delle Amazzoni e sulle Alture della Nuova Guinea, le donne vengono spesso tenute al loro posto attraverso lo stupro di gruppo, quando i mezzi ordinari di intimidazione maschile risultano insufficienti. “Domiamo le nostre donne con la banana” disse un maschio Mundurucu.10 La letteratura etnografica è zeppa di pratiche il cui scopo è tenere le donne “al loro posto” – culti maschili, iniziazioni segrete, sapienza esoterica maschile, e così via. E l’Europa feudale precapitalista non era certamente priva di sessismo. Il capitalismo ha ereditato e riciclato concetti di maschile e femminile vecchi di secoli. Nessuna analisi della riproduzione della forza lavoro capitalistica può spiegare la fasciatura dei piedi, le cinture di castità, od una qualunque dell’incredibile serie di indegnità feticistiche e bizantine – per non parlare di quelle più comuni – che sono state inflitte alle donne in ogni tempo e luogo. L’analisi della rigenerazione della forza lavoro non è nemmeno in grado di spiegare perché siano generalmente le donne, invece che gli uomini, a fare i lavori domestici.

In questa luce, è interessante tornare alla discussione della riproduzione del lavoro di Marx. Quello che occorre per rigenerare il lavoratore è determinato in parte dalle necessità biologiche dell’organismo umano, in parte dalle condizioni fisiche del luogo dove vive, in parte dalle tradizioni culturali. Marx osservò che la birra è necessaria alla rigenerazione della classe lavoratrice inglese, ed il vino necessario per quella francese.

Il numero e la misura delle sue (del lavoratore) cosiddette necessità, ed anche i modi di soddisfarle, sono esse stesse il prodotto dello sviluppo storico, e dipendono perciò in larga misura dal livello di civilizzazione del paese, più particolarmente dalle condizioni in cui, e conseguentemente dalle abitudini e dal grado di benessere in cui, la classe dei lavoratori liberi si è formata. Al contrario perciò che nel caso di altre merci, nella determinazione del valore della forza lavoro rientra anche un elemento storico e morale.11

E’ precisamente questo “elemento storico e morale” che stabilisce che una “moglie” fa parte delle necessità di un lavoratore, che siano le donne piuttosto che gli uomini a fare i lavori domestici, e che il capitalismo sia l’erede di una lunga tradizione in cui le donne non ereditano, in cui le donne non comandano, ed in cui le donne non parlano con Dio. E’ questo “elemento storico e morale” che ha consegnato al capitalismo l’eredità culturale di certe formule di mascolinità e femminilità. E’ all’interno di questo “elemento storico e morale” che l’intero dominio del sesso, della sessualità e della oppressione sessuale è sussunto. E la brevità del commento di Marx serve solo ad enfatizzare l’ampiezza dell’area sociale che esso copre ma lascia inesaminata. Soltanto sottoponendo ad analisi questo “elemento storico e morale” si potranno delineare le strutture dell’oppressione sessuale.

Engels

Ne Le Origini della Famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato, Engels riconosce l’oppressione sessuale come parte dell’eredità che il capitalismo ha ricevuto dalle precedenti strutture sociali. Per di più Engels integra il sesso e la sessualità nella sua teoria della società. Le Origini è un libro frustrante. Come altri testi del diciannovesimo secolo sulla storia del matrimonio e della famiglia cui fa eco, lo stato delle conoscenze nelle Origini lo rende antiquato agli occhi di un lettore che abbia familiarità con i più recenti sviluppi dell’antropologia. Nondimeno, si tratta di un libro le cui limitazioni non dovrebbero offuscare la sua considerevole perspicacia. L’idea che i “rapporti di sessualità” possano e debbano essere distinti dal “rapporti di produzione” non è la meno importante delle intuizioni di Engels.

Secondo la concezione materialistica, il fattore determinante della storia è, in ultima istanza, la produzione e riproduzione immediata della vita. Questa, di nuovo, mostra un duplice carattere: da un canto, la produzione dei mezzi di sussistenza, cibo, vestiario e riparo, e degli strumenti necessari per quella produzione; d’altro canto, la produzione degli esseri umani stessi, la propagazione della specie. L’organizzazione sociale che presiede alla vita delle persone in una particolare epoca storica ed in un particolare paese è determinata da entrambi i tipi di produzione: dal grado di sviluppo del lavoro, da una parte, e della famiglia, dall’altro.12

Questo passaggio mostra una importante presa di coscienza – che una comunità umana deve fare qualcosa di più che limitarsi a rimodellare l’ambiente naturale per raggiungere lo scopo di coprirsi, nutrirsi e scaldarsi. Generalmente chiamiamo l’insieme di attività attraverso il quale gli oggetti del mondo naturale vengono trasformati in beni di consumo “Economia”. Ma le necessità che vengono soddisfatte dall’attività economica anche nel più completo senso marxiano non esauriscono le esigenze umane. Una comunità umana deve anche riprodursi di generazione in generazione. I bisogni della sessualità e della riproduzione devono essere soddisfatti al pari del bisogno di nutrirsi, ed una delle più ovvie conclusioni che si possono trarre dai dati antropologici è che queste necessità assai difficilmente vengono soddisfate in una forma “naturale”, non più di quanto lo siano le necessità alimentari.  La fame è fame, ma cosa venga considerato cibo è determinato ed ricavato culturalmente. Ogni società ha qualche forma di attività economica organizzata. Il sesso è sesso, ma cosa venga considerato sesso è ugualmente determinato ed ottenuto culturalmente. Ogni società ha anche un sex/gender system – una serie di accorgimenti per mezzo del quale il materiale grezzo della sessualità e della procreazione umana è modellato dall’intervento sociale ed umano in modo convenzionale, non importa quanto bizzarre alcune di quelle convenzioni possano essere.13

Il regno del sesso, del genere e della procreazione umana è stato per millenni sottoposto a, e cambiato da, una incessante attività sociale. Il sesso come lo conosciamo – identità di genere, fantasia e desiderio sessuali, i concetti di fanciullezza – è esso stesso un prodotto sociale. Abbiamo bisogno di comprendere i suoi rapporti di produzione e dimenticare, per un momento, cibo, vestiti, automobili e radio a transistor. In gran parte della tradizione marxista, e persino nel testo di Engels, la nozione di “secondo aspetto della vita sociale” ha sempre avuto la tendenza a dissolversi nel sottofondo o ad essere incorporata nell’ordinaria nozione di “vita materiale”. Il suggerimento di Engels non è mai stato seguito e sottoposto all’approfondimento necessario. Ma egli ha sottolineato l’esistenza e l’importanza di quel dominio della vita sociale che io voglio chiamare il sex/gender system

Altri termini sono stati proposti per il sex/gender system. Le più comuni alternative sono “modi di riproduzione” e “patriarcato”. Può essere sciocco cavillare sui termini, ma entrambi questi termini possono generare confusione. Tre proposte sono state fatte allo scopo di introdurre una distinzione tra sistemi “economici” e sistemi “sessuali”, e per indicare che i sistemi sessuali hanno una certa autonomia e non possono sempre essere spiegati in termini di fattori economici. “Modi di riproduzione”, per esempio,  è stato proposto in contrapposizione a “modi di produzione”. Ma questa terminologia lega “l’economia” alla produzione ed il sistema sessuale alla “riproduzione”. Esso riduce la ricchezza di entrambi i sistemi, dato che “produzione” e “riproduzione” hanno luogo in entrambi. Ogni modo di produzione implica riproduzione – degli attrezzi di lavoro e delle relazioni sociali. Nè possiamo relegare tutti i molteplici aspetti della riproduzione sociale al sistema sessuale. Il rimpiazzo dei macchinari è un esempio di riproduzione in economia. D’altro canto, non possiamo limitare il sistema sessuale alla “riproduzione” né nel senso biologico né nel senso sociale del termine. Un sex/gender system non è semplicemente il momento riproduttivo di un “modo di produzione”. La formazione dell’identità sessuale è un esempio di produzione nel regno del sistema sessuale. Ed un sex/gender system implica più che semplicemente “rapporti di riproduzione”,  o riproduzione in senso biologico.

Il termine patriarcato fu introdotto per distinguere le forze che sostenevano il sessismo da altre forze sociali, come il capitalismo. Ma l’uso del termine patriarcato oscura altre distinzioni. Il suo uso è analogo all’uso del termine capitalismo per riferirsi a tutti i modi di produzione, laddove l’utilità del termine capitalismo giace precisamente nel fatto che distingue tra i differenti sistemi con i quali le società sono organizzate e mantenute. Ogni società avrà un qualche sistema di “economia politica”. Tale sistema può essere egualitario o socialista. Può essere stratificato in classi, nel qual caso la classe oppressa può consistere in servi, contadini o schiavi. La classe oppressa può consistere di lavoratori salariati, nel qual caso il sistema è appropriatamente etichettato come “capitalista”. La forza del termine consiste nel suo implicare che, di fatto, esistono alternative al capitalismo.

Similmente, ogni società avrà il suo modo sistematico di trattare il sesso, il genere ed i bambini. Tale sistema può essere sessualmente egualitario, almeno in teoria, o può essere “stratificato per generi”, come sembra il caso per la maggior parte degli esempi conosciuti. Ma è importante – anche di fronte ad una cronaca storica deprimente – mantenere una distinzione tra la capacità e la necessità umana di creare una sfera sessuale ed i modi oppressivi in cui in pratica le sfere sessuali sono state organizzate. Il patriarcato include entrambi i significati nello stesso termine. Sex/gender system, invece, è un termine neutrale che si riferisce al dominio del sesso ed indica che l’oppressione non è inevitabile in quel dominio, ma è il prodotto degli specifici rapporti sociali che lo organizzano.

Infine, esistono sistemi stratificati per genere che non sono adeguatamente descrivibili come patriarcato. Molte società della Nuova Guinea sono crudelmente oppressive verso le donne.14 Ma il potere dei maschi in queste società non è basato sul loro ruolo di padri e patriarchi, ma sulla loro mascolinità collettiva adulta, incarnata in culti segreti, case degli uomini, guerre, reti di scambio, conoscenze rituali, e vari riti di iniziazione. Il patriarcato è una forma specifica di dominazione maschile, e l’uso del termine dovrebbe essere confinato agli uffici ed alle autorità ecclesiastiche cui il termine originariamente si riferiva, od ai pastori nomadi del tipo del Vecchio Testamento e gruppi simili, le cui strutture politiche quel termine descrive utilmente. Abramo era un patriarca, un uomo anziano il cui potere assoluto su mogli, figli, mandrie e famigli era un aspetto della istituzione della paternità, come definita nel gruppo sociale nel quale viveva.

Qualunque termine usiamo, quel che è importante è sviluppare concetti che descrivano adeguatamente l’organizzazione sociale della sessualità, e la riproduzione delle convenzioni di sesso e genere. Abbiamo bisogno di perseguire il progetto che Engels abbandonò quando relegò la subordinazione delle donne ad uno sviluppo interno al modo di produzione.15 Per farlo, dobbiamo imitare Engels nei suoi metodi piuttosto che nei suoi risultati. Engels affrontò il compito di analizzare “il secondo aspetto della vita materiale” attraverso la disamina di una teoria dei sistemi di parentela. I sistemi di parentela sono e fanno molte cose. Ma essi sono fatti di, e riproducono forme concrete di – sessualità socialmente organizzata. I sistemi di parentela sono forme empiriche ed osservabili di sistemi sex/gender.

Parentela: sul ruolo giocato dalla sessualità nella transizione da Scimmia Antropomorfa a “Uomo”

Per un antropologo, un sistema di parentela non è una lista di parenti biologici. E’ un insieme di categorie e di status che spesso contraddice le effettive relazioni genetiche. Esistono dozzine di esempi in cui stati di parentela definiti socialmente prevalgono sulla biologia. Le usanze dei Nuer a proposito di “matrimonio delle donne” sono un esempio puntuale. I Nuer definiscono lo stato di paternità come appartenente alla persona a nome della quale il prezzo della sposa della futura madre è stato pagato, generalmente in bestiame. Perciò una donna può essere sposata ad un’altra donna, ed essere marito della moglie e padre dei loro bambini, nonostante il fatto che non sia l’effettivo fecondatore.

Nelle società pre-statuali, la parentela è spesso il linguaggio dell’interazione sociale, dell’organizzazione economica, politica e cerimoniale, oltre che dell’attività sessuale. I doveri, le responsabilità ed i  privilegi di ognuno nei confronti degli altri sono definiti dai termini della reciproca parentela, o della sua assenza. Lo scambio di beni e servizi, la produzione e la distribuzione, l’ostilità e la solidarietà, i rituali e le cerimonie, tutti hanno luogo all’interno della struttura organizzativa della parentela. L’ubiquità e l’efficacia organizzativa della parentela ha indotto molti antropologi a considerare la sua invenzione, insieme a quella del linguaggio, lo sviluppo che ha marcato decisamente la discontinuità tra ominidi semiumani ed esseri umani.16

Sebbene il concetto dell’importanza della parentela goda dello status di principio primo in antropologia, i meccanismi interni dei sistemi di parentela sono stati oggetto di una intensa controversia. I sistemi di parentela variano straordinariamente da una cultura all’altra. Contengono ogni sorta di regole sconcertanti a proposito di chi si possa o non si possa sposare. La loro complessità interna è impressionante. I sistemi di parentela hanno per decenni stimolato l’immaginazione antropologica nel tentativo di spiegare il tabù dell’incesto, il matrimonio reciproco tra cugini, le relazioni di discendenza, i rapporti di intimità obbligatori o proibiti, i clan ed i sottoclan, i tabù sui nomi – le svariate serie di questioni emerse dalla descrizione di reali sistemi di parentela. Nel diciannovesimo secolo diversi pensatori tentarono di scrivere resoconti esaurienti sulla natura e la storia dei sistemi sessuali umani.17 Uno di questi fu Ancient Society di Lewis Henry Morgan. Fu questo libro che ispirò Engels a scrivere Le Origini della Famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato. La teoria di Engels è basata sul resoconto della parentela e del matrimonio fornita da Morgan.

Nel riprendere il progetto di Engels di ricavare una teoria dell’oppressione sessuale dallo studio della parentela, abbiamo il vantaggio della maturazione dell’etnologia dal diciannovesimo secolo ad oggi. Abbiamo anche il vantaggio di un testo peculiare e particolarmente appropriato, Le Strutture Elementari della Parentela (1969) di Lévi-Strauss. Questa è la più audace versione del ventesimo secolo del tentativo del diciannovesimo secolo di comprendere il matrimonio umano. E’ un libro in cui la parentela è esplicitamente concepita come l’imposizione dell’organizzazione culturale sui fatti biologici della procreazione. E’ permeato dalla consapevolezza dell’importanza della sessualità nella società umana. E’ una descrizione della società che non ipotizza un soggetto umano astratto, indipendente dal genere. Al contrario, il soggetto umano nel lavoro di Lèvi-Strauss è sempre o un maschio o una femmina, e si possono perciò seguire i diversi destini sociali dei due sessi. Poiché Lévi-Strauss considera che l’essenza dei sistemi di parentela consiste nello scambio di donne tra gli uomini, egli implicitamente costruisce una teoria dell’oppressione sessuale. Giustamente, il libro è dedicato alla memoria di Lewis Henry Morgan.

“Mercanzia vile e preziosa” – Monique Wittig, Les Guérillères1 N.d.T

Le Strutture Elementari della Parentela sono una grandiosa esposizione delle origini e della natura della società umana. E’ un trattato sui sistemi di parentela propri di circa un terzo del globo etnografico. Più fondamentalmente, è un tentativo di individuare i principi strutturali della parentela. Lévi-Strauss argomenta che l’applicazione di questi principi (riassunti nell’ultimo capitolo delle Strutture Elementari) ai dati di parentela rivela l’esistenza di una logica intelligibile nei tabù e nelle regole matrimoniali che avevano reso perplessi ed indotto in errore gli antropologi occidentali. Egli costruisce un gioco di scacchi di tale complessità che non può essere ricapitolato qui. Ma due dei suoi pezzi di scacchi sono particolarmente importanti per le donne – il “dono” ed il tabù dell’incesto, la cui duplice articolazione arricchisce il suo concetto di scambio delle donne.

Le Strutture Elementari è in parte una chiosa radicale ad un’altra famosa teoria della organizzazione sociale primitiva, il Saggio sul Dono (1967) di Marcel Mauss.18 Fu Mauss a teorizzare per primo l’importanza di uno degli aspetti più singolari delle società primitive: il grado in cui donare, ricevere e scambiare doni domina le relazioni sociali. In tali società ogni sorta di cose circola negli scambi – cibo, incantesimi, rituali, parole, nomi, ornamenti, attrezzi e facoltà: “La tua propria madre, la tua propria sorella, i tuoi propri maiali, le tue proprie patate che hai accumulato, tu non le puoi mangiare. Le madri di altre persone, le sorelle di altre persone, i maiali di altre persone, le patate che altre persone hanno accumulato, tu le puoi mangiare”.19

In un tipico scambio di doni, nessuna delle parti guadagna alcunché. Nelle Isole Trobriand ogni nucleo familiare coltiva un orto di patate ed ogni nucleo familiare consuma patate. Ma le patate che un nucleo familiare coltiva e quelle che mangia non sono le stesse. Al momento del raccolto, l’uomo manda le patate che ha raccolto alla famiglia di sua sorella; la famiglia in cui vive è approvvigionata dal fratello di sua moglie.20 Dato che un simile procedimento appare inutile dal punto di vista dell’accumulazione o del commercio, la sua logica è stata ricercata altrove. Mauss propose che il significato del donare è che esso esprime, conferma o crea un legame sociale tra i partner dello scambio. Il dono costruisce tra i suoi partecipanti una speciale relazione di fiducia, solidarietà e mutuo soccorso. Offrendo un dono si può sollecitare una relazione amichevole; la sua accettazione implica la volontà di reciprocare il dono ed una conferma della relazione. Lo scambio di doni può essere anche uno strumento di competizione e rivalità. Ci sono diversi esempi di una persona che ne umilia un’altra regalando più di quel che potrà essere restituito. Alcuni sistemi politici, come quello del Big Man delle alture della Nuova Guinea, sono basati su scambi ineguali sul piano materiale. Un aspirante Big Man tenta di regalare più beni di quelli che possano essergli restituiti. Quel che guadagna in cambio è prestigio politico.

Sebbene sia Mauss che Lévi-Strauss pongano l’enfasi sugli aspetti solidaristici dello scambio di doni, gli altri scopi perseguiti dal dono non fanno che rinforzare il punto che si tratti di un mezzo onnipresente di scambio sociale. Mauss propose che i doni costituissero la trama del discorso sociale, il mezzo con cui queste società venivano tenute assieme in mancanza di specifiche istituzioni di governo. “Il dono è il modo primitivo di mantenere la pace che nelle società civili è assicurato dallo Stato... Mettendo ordine nella società, il dono ha affrancato la cultura”21

Lévi-Strauss aggiunge alla teoria della reciprocità primitiva l’idea che il matrimonio sia una delle più basilari forme di scambio di doni, in cui è la donna ad essere il dono più prezioso. Egli argomenta che il tabù dell’incesto dovrebbe essere meglio compreso come meccanismo per assicurare che tali scambi avvengano tra famiglie e tra gruppi. Poiché la presenza del tabù dell’incesto è universale, ma il contenuto specifico delle proibizioni variabile, non è possibile spiegarlo come avente semplicemente lo scopo di prevenire l’eventualità di accoppiamenti geneticamente chiusi. Piuttosto, il tabù dell’incesto impone agli eventi biologici del sesso e della procreazione lo scopo sociale dell’esogamia e dell’alleanza. Il tabù dell’incesto divide l’universo della scelta sessuale in categorie di partner sessuali permessi o proibiti. Specificamente, proibendo le unioni all’interno dei gruppi, esso impone lo scambio matrimoniale tra gruppi. “La proibizione dell’uso sessuale di una figlia od una sorella impone che esse siano date in matrimonio ad un altro uomo, e nello stesso tempo stabilisce un diritto sulla figlia e sulla sorella di questo altro uomo... La donna che uno non prende è, esattamente per questo motivo, offerta. La proibizione dell’incesto più che una regola che proibisce il matrimonio con la madre, la sorella o la figlia, è una regola che impone che  la madre, la sorella o la figlia siano date ad altri. E la suprema regola del dono”22

Il dono delle donne ha un risultato più profondo di quello di altri doni, perché stabilisce una relazione che non è semplicemente di reciprocità, ma di parentela. I partner dello scambio sono diventati affini, ed i loro discendenti saranno legati da relazioni di sangue: “Due persone possono incontrarsi in amicizia e scambiarsi doni, e tuttavia entrare in conflitto più tardi, ma lo scambio matrimoniale li connette in maniera permanente.”23  Come nel caso di altri doni, i matrimoni non sono sempre azioni pacifiche. I matrimoni possono essere altamente competitivi, e ci sono una quantità di affini che litigano fra di loro. Tuttavia il senso generale dell’argomento è che il tabù dell’incesto produce una vasta rete di relazioni, un insieme di individui le cui connessioni reciproche creano una struttura di parentela. Tutti gli altri livelli, quantità e direzioni degli scambi - compresi quelli ostili – sono organizzati da questa struttura. Le cerimonie matrimoniali riportate nella letteratura etnografica sono momenti di un incessante ed ordinato processo in cui donne, bambini, conchiglie, parole, bestiame, nomi, pesci, antenati, denti di balena, maiali, patate, incantesimi, danze, tappeti, e così via, passano di mano in mano, lasciando come traccia dei legami che uniscono. La parentela è organizzazione, e l’organizzazione è potere.

Ma chi è organizzato? Se sono le donne ad essere scambiate, allora sono gli uomini che le offrono e le accettano ad essere legati, essendo la donna il mezzo di una relazione piuttosto che una contraente in essa.24 Lo scambio delle donne non implica necessariamente che le donne siano oggettificate nel senso moderno del termine, dato che gli oggetti nel mondo primitivo sono imbevuti di qualità altamente personali. Ma implica una distinzione tra dono e donatore. Se le donne sono il dono, allora sono gli uomini ad essere i contraenti dello scambio. Ed è ai contraenti dello scambio, non al regalo scambiato, che lo scambio reciproco conferisce il potere quasi mistico del legame sociale. Le relazioni di questo sistema fanno sì che le donne stesse non siano nella posizione di guadagnare alcun beneficio dalla loro distribuzione. Finchè le relazioni specificano che sono gli uomini a scambiare le donne, sono gli uomini ad essere i beneficiari del risultato di tali scambi – l’organizzazione sociale. “L’intera relazione di scambio che costituisce il matrimonio non è stabilita tra un uomo ed una donna, ma tra due gruppi di uomini, e la donna figura solo come uno degli oggetti dello scambio, non come uno dei contraenti ... Questo rimane vero anche quando i sentimenti della ragazza sono presi in considerazione, come d’altronde è normalmente il caso. Nell’acconsentire all’unione proposta, ella consente che lo scambio abbia luogo, o lo affretta; non può cambiare la sua natura”.25 

Per entrare a far parte in uno scambio di doni come contraente, bisogna avere qualcosa da offrire. Se le donne sono a disposizione degli uomini, non sono nella posizione di poter offrire se stesse.

“Quale donna” rifletteva un giovane maschio Melpa del Nord “può essere mai abbastanza forte da alzarsi e dire: ‘Lasciateci fare Moka2 N.d.T., lasciateci trovare mogli e maiali, lasciateci offrire le nostre figlie agli uomini, lasciateci fare la guerra. Lasciateci uccidere i nostri nemici! No, no davvero! ... sono piccole cose senza valore che stanno semplicemente a casa, non capisci?”26 

Quale donna davvero! Le donne Melpa di cui parlava il giovane non possono procurare mogli; esse sono mogli, e quello che possono avere sono mariti, una questione completamente diversa. Le donne Melpa non possono offrire le loro figlie agli uomini, perché non hanno sulle loro figlie gli stessi diritti che hanno i loro parenti maschi, diritti di conferimento (anche se non di proprietà).

Lo “scambio di donne” è un concetto potente e suggestivo. E’ affascinante perché attribuisce l’oppressione delle donne ai sistemi sociali anziché alla biologia. Per di più, suggerisce di cercare il momento fondamentale dell’oppressione femminile nel traffico di donne anziché nel traffico di mercanzie. Non è certamente difficile trovare esempi storici ed etnografici di traffico di donne. Le donne sono date in matrimonio, rapite in battaglia, scambiate con favori, spedite come tributo, scambiate, comprate e vendute. Queste pratiche, ben lungi dall’essere confinate al mondo “primitivo”, sembrano anzi diventare più evidenti e mercificate nelle società “civilizzate”. Esiste anche un traffico di uomini, naturalmente – ma come schiavi, gigolò, stelle dell’atletica, servi o qualche altro catastrofico stato sociale, ma non in quanto uomini. Le donne sono trafficate come schiave, serve e prostitute, ma anche semplicemente in quanto donne. E se gli uomini sono stati i soggetti sessuali – e le donne i semioggetti sessuali – i doni – per la maggior parte della storia umana, allora molti costumi, clichés e tratti della personalità sembrano acquistare senso (tra gli altri la curiosa abitudine per cui il padre “dà via” la sposa).

Lo “scambio di donne” è anche un concetto problematico. Poiché Lévi-Strauss argomenta che il tabù dell’incesto ed i risultati della sua applicazione costituiscono l’origine della cultura, la sua analisi implica che la sconfitta mondiale delle donne avvenne alle origini della cultura, ed è un prerequisito di essa. Se la sua analisi venisse accettata nella sua forma pura, il programma femminista dovrebbe includere un compito persino più oneroso del totale sterminio degli uomini: dovrebbe tentare di sbarazzarsi della cultura e sostituirla con qualche fenomeno completamente nuovo sulla faccia della terra. In ogni modo, sarebbe quanto meno discutibile sostenere che, se non ci fosse lo scambio di donne, non ci sarebbe cultura, se non altro perché la cultura è, per definizione, inventiva. E’ persino discutibile che lo “scambio di donne” descriva in maniera esauriente l’evidenza empirica dei sistemi di parentela. Alcune culture, come quelle dei Lele e dei Kuma, scambiano le donne apertamente ed esplicitamente. In altre culture, lo scambio di donne può essere solo dedotto. In alcune – in particolare tra quei cacciatori e raccoglitori esclusi dagli esempi di Lévi-Strauss – l’applicabilità del concetto diviene del tutto problematica. Cosa ne dobbiamo fare di un concetto che sembra così utile eppure così problematico?

Lo “scambio di donne” non è né una definizione di cultura né un sistema in sé e per sé. Il concetto è una acuta, ma riassuntiva, percezione di certi aspetti delle relazioni sessuali e di genere. Un sistema di parentela è l’imposizione di scopi sociali sopra una parte del mondo naturale. E’ perciò “produzione” nel senso più generale del termine: una modellazione, una trasformazione di oggetti (in questo caso persone) per, e attraverso, uno scopo soggettivo.27 Ha i suoi propri rapporti di produzione, distribuzione e scambio, che includono certe forme di “proprietà” sulle persone. Queste forme non sono esclusivi diritti di proprietà privata, quanto piuttosto vari tipi di diritti che varie persone hanno su altre persone. Le transazioni matrimoniali – i doni ed i materiali che circolano nelle cerimonie che distinguono i matrimoni – sono una ricca sorgente di dati per stabilire chi ha quali diritti su chi. Non è difficile dedurre da queste transazioni che nella maggior parte dei casi i diritti delle donne sono considerevolmente più marginali rispetto a quelli degli uomini.

I sistemi di parentela non si limitano a scambiare donne. Scambiano accesso sessuale, stati genealogici, nomi di lignaggi e di antenati, diritti, donne e bambini – in concreto, sistemi di relazioni sociali. Queste relazioni includono sempre certi diritti per gli uomini, altri per le donne. “Scambio di donne” è una abbreviazione per le relazioni sociali dei sistemi di parentela che specifica che gli uomini hanno certi diritti sulle loro consanguinee femminili mentre le donne non hanno gli stessi diritti né su se stesse né sui loro consanguinei maschili. In questo senso, lo scambio di donne è la profonda percezione di un sistema in cui le donne non hanno pieni diritti su se stesse. Lo scambio di donne diventa fuorviante se è considerato una necessità culturale e quando è usato come unico strumento di analisi per uno specifico sistema di parentela.

Se Lévi-Strauss è nel giusto considerando lo scambio di donne il principio fondamentale della parentela, la subordinazione delle donne può essere considerata un prodotto delle relazioni con cui il sesso ed il genere sono organizzati e prodotti. L’oppressione economica delle donne è una conseguenza secondaria. Ma esiste una “economia” del sesso e del genere e quello di cui abbiamo bisogno è una economia politica dei sistemi sessuali. Dobbiamo studiare ogni società per determinare gli esatti meccanismi con cui specifiche regolazioni della sessualità vengono prodotte e mantenute. Lo “scambio di donne” è un passo iniziale verso la costruzione di un arsenale di concetti con cui sia possibile descrivere i sistemi sessuali.

Dentro il labirinto

Possiamo ricavare altri concetti dal saggio di Lévi-Strauss “La Famiglia”, nel quale introduce nuove considerazioni nella sua analisi della parentela. Nelle Strutture Elementari della Parentela descrive regole e sistemi di combinazione sessuale. Nella “Famiglia” solleva la questione delle precondizioni necessarie perché i sistemi matrimoniali possano operare. Egli si domanda che tipo di “persone” siano richieste dai sistemi di parentela, utilizzando un analisi della divisione sessuale del lavoro.

Per quanto ogni società preveda qualche tipo di divisione dei compiti tra i sessi, l’assegnazione di un particolare compito ad un sesso od all’altro varia enormemente. In alcuni gruppi l’agricoltura è un compito delle donne, in altri degli uomini. In alcune società a trasportare fardelli pesanti sono le donne, in altre gli uomini. Esistono persino esempi di donne cacciatrici e guerriere e di uomini che si occupano dell’allevamento dei bambini. Dalla ricognizione della divisione del lavoro tra i sessi, Lévi-Strauss conclude che non si tratta di una specializzazione biologica, ma che deve avere qualche altro scopo. Tale scopo, sostiene, è assicurare l’unione tra uomo e donna facendo in modo che la più piccola ma sostenibile unità economica contenga almeno un uomo ed una donna.

Il fatto stesso che essa (la divisione sessuale del lavoro) vari infinitamente a seconda della società presa in esame mostra che ... è il puro fatto della sua esistenza ad essere misteriosamente necessario, mentre la forma con cui si presenta è del tutto irrilevante, almeno dal punto di vista di una qualunque necessità naturale ... la divisione sessuale del lavoro non è altro che un espediente per costruire uno stato di reciproca dipendenza tra i sessi.(1)

La divisione del lavoro tra i sessi può perciò essere vista come un “tabù”: un tabù contro l’identicità di uomini e donne, un tabù che separa i sessi in due categorie mutualmente esclusive, un tabù che estremizza le differenze tra i sessi e perciò crea il genere.  La divisione del lavoro può anche essere vista come un tabù contro arrangiamenti sessuali diversi da quelli contenenti almeno un uomo ed una donna, imponendo quindi il matrimonio eterosessuale.

L’argomentazione svolta ne “La Famiglia” manifesta una radicale messa in questione di tutti gli adattamenti sessuali umani, in cui nessun aspetto della sessualità è dato per scontato come “naturale” (Hertz, nel 1960, costruisce un’argomentazione simile per una spiegazione completamente culturale del disprezzo per il mancinismo). Piuttosto, tutte le manifestazioni del sesso e del genere sono viste come costruite dagli imperativi dei sistemi sociali. Da questo punto di vista, persino Le Strutture Elementari della Parentela può essere visto come basato sull’assunzione di determinate precondizioni. In termini puramente logici, una regola che proibisce certi matrimoni e ne impone altri presuppone una regola che imponga il matrimonio. Ed il matrimonio presuppone individui disposti a sposarsi.

E’ interessante portare questa sorta di indagine deduttiva anche più in là di quanto si spinga Lévi-Strauss, e spiegare la struttura logica che soggiace alla sua intera analisi della parentela. A livello più generale, l’organizzazione sociale del sesso poggia sul genere, l’eterosessualità obbligatoria, e le limitazioni alla sessualità femminile.

Il genere è una divisione tra i sessi imposta socialmente. E’ un prodotto delle relazioni sociali di sessualità. I sistemi di parentela si fondano sul matrimonio. Essi perciò trasformano maschi e femmine in “uomini” e “donne”, ognuno dei quali è una metà incompleta che può trovare la sua completezza solo quando unita all’altra. Uomini e donne sono, naturalmente, differenti. Ma non così differenti come il giorno e la notte, il cielo e la terra, lo Yin e lo Yang, la vita e la morte. In realtà, dal punto di vista della natura, uomini e donne sono assai più simili gli uni alle altre che a qualsiasi altra cosa – per esempio alle montagne, ai canguri o alle palme da cocco. L’idea che uomini e donne siano più differenti tra loro che da qualunque altra cosa deve venire da qualcosa di diverso dalla natura. Per di più, benchè ci sia in media differenza tra maschi e femmine in una quantità di aspetti, l’ambito di variazione di questi tratti mostra una considerevole sovrapposizione. Ci sarà sempre qualche donna più alta di qualche uomo, per esempio, anche se in media gli uomini sono più alti delle donne. Ma l’idea che uomini e donne siano due categorie mutualmente esclusive deve sorgere da qualcosa di diverso da una inesistente opposizione “naturale”. Ben lungi dall’essere espressione di naturali differenze, l’identità di genere esclusiva consiste nella soppressione di naturali somiglianze. Richiede repressione: negli uomini, di qualunque sia la versione locale dei tratti “femminili”; nelle donne, della definizione locale dei tratti “maschili”. La divisione dei sessi ha come effetto di reprimere alcune delle caratteristiche della personalità praticamente di chiunque, uomini o donne. Lo stesso sistema sociale che opprime le donne nelle sue relazioni di scambio, opprime tutti con la sua insistenza su una rigida separazione delle personalità.

Inoltre, il genere viene imposto agli individui allo scopo di garantirne il matrimonio. Lévi-Strauss arriva pericolosamente vicino a sostenere che l’eterosessualità sia un processo istituzionale. Se gli imperativi biologici ed ormonali fossero così irresistibili come la mitologia popolare li vorrebbe, sarebbe difficilmente necessario assicurare le unioni eterosessuali attraverso l’interdipendenza economica. Per di più, il tabù dell’incesto presuppone un precedente e più generale tabù sull’omosessualità. Una proibizione di certi tipi di unione eterosessuale presuppone un tabù contro le unioni non-eterosessuali. Il genere non è soltanto l’identificazione con un sesso; implica anche che il desiderio sessuale sia diretto verso l’altro sesso. La divisione sessuale del lavoro è implicita in entrambi gli aspetti del genere – li ha creati maschi e femmine, e li ha creati eterosessuali. La soppressione della componente omosessuale della sessualità umana e, come corollario, l’oppressione degli omosessuali, è perciò un prodotto dello stesso sistema le cui regole e relazioni opprimono le donne.

I realtà la situazione non è così semplice, come appare evidente quando scendiamo dal livello generale all’analisi di specifici sistemi sessuali. I sistemi di parentela non si limitano ad incoraggiare l’eterosessualità a scapito dell’omosessualità. In primo luogo, possono pretendere specifiche forme di eterosessualità. Per esempio, alcuni sistemi matrimoniali impongono il matrimonio incrociato tra cugini. In questo tipo di sistema, una persona non è soltanto eterosessuale, ma “cugin-incrociato-sessuale”. Se le regole del matrimonio specificano il matrimonio incrociato matrilineare, un uomo sarà “figlia-del-fratello-della-madre-sessuale” ed una donna sarà “figlio-della-sorella-del-padre-sessuale”.

D’altra parte, la vera complessità di un sistema di parentela può emergere in forme particolari di omosessualità istituzionalizzata. In molte popolazioni della Nuova Guinea, uomini e donne sono considerati talmente nemici tra loro che il periodo passato da un bimbo maschio nell’utero nega la sua mascolinità. Poiché si ritiene che la forza vitale dell’uomo sia contenuta nel seme, il ragazzo può superare i malefici effetti della sua storia fetale ottenendo e consumando seme. Riesce a farlo attraverso un legame omosessuale con un parente maschio più anziano.(2)

Nei sistemi di parentela in cui il prezzo della sposa determina gli status di moglie e marito, i semplici prerequisiti del matrimonio e del genere possono essere ignorati. Tra gli Azande, le donne sono monopolizzate dai maschi anziani. Un giovane che abbia mezzi può, comunque, prendere un ragazzo per moglie nell’attesa di arrivare all’età da matrimonio. Egli paga semplicemente il prezzo della sposa per il ragazzo, che è perciò trasformato in una sposa.(3). Nel Dahomey, una donna può trasformarsi in marito se possiede il necessario prezzo della sposa.(4)

Il “travestitismo” istituzionalizzato dei Mohave, permette ad una persona di passare da un sesso all’altro. Un uomo anatomicamente tale può trasformarsi in donna per mezzo di una speciale cerimonia, ed una donna anatomicamente tale può nello stesso modo diventare uomo. Il travestito quindi prende una moglie o un marito del suo stesso sesso anatomico ma di opposto sesso sociale. Questi matrimoni, che noi etichetteremmo come omosessuali, erano eterosessuali per gli standard Mohave, una unione di sessi opposti definiti socialmente. In confronto alla nostra società, questo sistema consente una grande libertà. Non era comunque permesso che una persona fosse in qualche modo di entrambi i generi – lei/lui poteva essere o maschio o femmina, ma non un po’ di entrambi.(5)

In tutti gli esempi precedenti, le regole della divisione dei generi e della eterosessualità obbligatoria sono sempre presenti anche nelle loro trasformazioni. Queste due regole si applicano ugualmente agli obblighi imposti ai comportamenti ed alla personalità sia dei maschi che delle femmine. I sistemi di parentela scolpiscono la sessualità di entrambi i sessi. Ma si può dedurre da Le Strutture Elementari della Parentela che le restrizioni maggiori sono imposte alle donne, piuttosto che ai maschi, quando sono costrette al servizio della parentela. Quando sono le donne ad essere scambiate, in qualunque senso intendiamo il termine, i debiti del marito sono calcolati in carne femminile. Una donna è tenuta a diventare la partner sessuale di un uomo al quale ella è dovuta in compensazione di qualche precedente matrimonio. Se una ragazza è promessa sin dall’infanzia, il suo rifiuto di prender parte al matrimonio da adulta distruggerebbe il flusso dei debiti e delle promesse. E’ nell’interesse del fluente funzionamento di questo sistema che la donna in questione non si faccia troppe idee su chi potrebbe desiderare come compagno di letto. Dal punto di vista del sistema, la sessualità femminile preferibile è quella che risponde ai desideri altrui, piuttosto di quella che attivamente ricerca e sollecita una risposta.

Questa generalizzazione, come quella sul genere e la eterosessualità, è soggetta a notevole variazione nei sistemi reali. I Lele ed i Kuma forniscono due dei più chiari esempi etnografici dello scambio di donne. Gli uomini di entrambe le culture sono perpetuamente impegnati in macchinazioni che richiedono il pieno controllo sui destini sessuali delle loro parenti femmine. Molto del dramma che anima queste società consiste nei tentativi delle donne di sfuggire al controllo sessuale dei loro parenti maschi. Nondimeno, la resistenza femminile in entrambi i casi viene severamente controllata.(6)

Un’ultima generalizzazione può essere prevista come conseguenza dello scambio delle donne in un sistema in cui i diritti delle donne sono controllati dagli uomini. Cosa avverrebbe se la nostra ipotetica donna non solo rifiutasse l’uomo al quale è stata promessa, ma pretendesse invece un’altra donna? Se un singolo rifiuto potrebbe essere distruttivo, un doppio rifiuto sarebbe un’insurrezione. Se ogni donna è promessa a un qualche uomo, nessuna ha diritto di disporre di se stessa. Se due donne riuscissero a districarsi dalla rete degli obblighi, bisognerebbe trovarne altre due per sostituirle. Finchè gli uomini hanno sulle donne diritti che le donne non hanno su se stesse, è ragionevole aspettarsi che l’omosessualità femminile sia soggetta a maggior repressione di quella maschile.

Ricapitolando, dall’esegesi delle teorie di parentela di Lévi-Strauss si possono ricavare alcune generalizzazioni di base sull’organizzazione della sessualità umana. Queste sono il tabù dell’incesto, l’eterosessualità obbligatoria, e la divisione asimmetrica dei sessi.  L’asimmetria di genere – la differenza tra scambiatore e scambiato – implica la restrizione della sessualità femminile. I reali sistemi di parentela avranno convenzioni più specifiche, e queste convenzioni varieranno moltissimo. Mentre i particolari sistemi socio-sessuali variano, ognuno è specifico, e gli individui che ne fanno parte dovranno uniformarsi ad uno specifico schema di possibilità. Ogni nuova generazione dovrà imparare ad adeguarsi al suo destino sessuale, ogni singola persona dovrà essere irreggimentata nel suo specifico status all’interno del sistema. Sarebbe abbastanza straordinario per noi accettare tranquillamente di essere destinati a sposare la figlia del fratello di nostra madre, o il figlio della sorella di nostro padre. E tuttavia esistono popolazioni in cui questo futuro matrimoniale è dato per scontato.

L’antropologia, e la descrizione dei sistemi di parentela, non spiegano il meccanismo con cui le convenzioni di sesso e genere vengono inculcate nei bambini. La Psicoanalisi, d’altro canto, è una teoria della riproduzione della parentela. La psicoanalisi descrive il residuo psichico lasciato negli individui dallo scontro con le leggi e le regole della sessualità delle società nelle quali sono nati.

I Disagi della Psicoanalisi

La battaglia tra la psicoanalisi ed i movimenti gay e femministi è divenuta leggendaria. Lo scontro tra rivoluzionari sessuali ed istituzioni cliniche è dovuto in parte all’evoluzione della psicoanalisi negli Stati Uniti, dove la tradizione clinica ha finito per trasformare l’anatomia in un feticcio. Si pensa che il bambino segua un percorso attraverso i suoi stati organici sino a raggiungere il suo destino, e la posizione del missionario. La pratica clinica ha spesso considerato sua missione recuperare gli individui che avevano in qualche modo deragliato dalla rotta verso il loro “scopo” biologico. Trasformando la legge morale in legge scientifica, la pratica clinica ha agito per imporre le convenzioni sessuali ai ribelli. In questo senso, la psicoanalisi ha spesso finito per diventare molto più di una teoria dei meccanismi di riproduzione delle abitudini sessuali; è diventata essa stessa uno di quei meccanismi. Poiché lo scopo della rivolta gay e femminista è proprio di smantellare l’apparato delle costrizioni sessuali, la critica della psicoanalisi è divenuta inevitabile.

Ma il ripudio di Freud da parte del movimento femminista ed omosessuale affonda le sue radici nel ripudio da parte della psicoanalisi delle sue stesse intuizioni. In nessun luogo gli effetti sulle donne dei sistemi sociali dominati dagli uomini sono meglio documentati che nella letteratura clinica. Seguendo l’ortodossia freudiana, il raggiungimento della femminilità “normale” impone alle donne costi severissimi. La teoria dell’acquisizione del genere avrebbe potuto essere la base per una critica dei ruoli sessuali. Al contrario, le implicazioni radicali della teoria freudiana sono state radicalmente represse. Questa tendenza è evidente persino nelle sue formulazioni originali, ma è stata talmente esacerbata nel tempo che il potenziale per una critica psicoanalitica della teoria del gender è ormai evidente solo nella sintomatologia della sua negazione – una intricata razionalizzazione dei ruoli sessuali così come sono. Non è l’obiettivo di questo saggio condurre una psicoanalisi dell’inconscio psicoanalitico; ma io spero di dimostrare che esiste. Per di più, il salvataggio della psicoanalisi dalle sue stesse motivate repressioni non ha lo scopo di salvare il buon nome di Freud. La psicoanalisi contiene una serie di concetti unica per comprendere gli uomini, le donne e la sessualità. E’ una teoria della sessualità nella società umana. Più importante, la psicoanalisi fornisce una descrizione del meccanismo con cui i sessi sono separati e sfigurati, di come neonati bisessuali ed androgini sono trasformati in maschi e femmine.28 La psicoanalisi è una teoria femminista manqué.

La Maledizione di Edipo

Sino alla fine degli anni ’20, il movimento psicoanalitico non aveva una specifica teoria dello sviluppo femminile. Al suo posto erano state proposte varianti di un complesso di “Elettra”, in cui l’esperienza femminile era considerata una immagine riflessa del complesso di Edipo utilizzato per i maschi. Il ragazzo ama sua madre, ma rinuncia a lei per timore della minaccia di castrazione da parte del padre. La ragazza, si pensava, ama suo padre, ma rinuncia a lui per timore della vendetta della madre. Questa formulazione presupponeva che entrambi i bambini fossero soggetti all’imperativo biologico verso l’eterosessualità. Assumeva anche che i bambini fossero, prima della fase edipica, già “piccoli” uomini e donne.

Freud aveva espresso riserve a proposito del giungere a conclusioni sulle donne sulla base di dati raccolti per gli uomini. Ma le sue obiezioni rimasero generiche sino alla scoperta della fase pre-edipica nelle donne. Il concetto di fase pre-edipica consentì a Freud e Jeanne Lampl de Groot di articolare la teoria psicoanalitica classica della femminilità.29  L’idea della fase pre-edipica nelle donne produsse una dislocazione dei presupposti di derivazione biologica che soggiacevano alla nozione di complesso di “Elettra”. Nella fase pre-edipica i bambini di entrambi i sessi erano fisicamente indistinguibili, il che significava che la loro differenziazione in bambini mascolini e femminili doveva essere spiegata piuttosto che presupposta. I bambini pre-edipici venivano descritti come bisessuali. Entrambi i sessi esibivano la stessa gamma di attitudini libidiche, attive e passive. E per i bambini di entrambi i sessi era la madre ad essere oggetto del desiderio.

Le caratteristiche della femmina pre-edipica sfidavano i concetti di eterosessualità primordiale e di identità di genere. Poichè l’attività libidica della fanciulla era rivolta verso la madre, la sua eterosessualità adulta doveva essere spiegata: “Sarebbe una soluzione semplicemente ideale se potessimo supporre che da una certa età in poi l’influenza elementare della mutua attrazione tra i sessi si facesse sentire e spingesse la giovane donna verso gli uomini... ma le cose non sono così facili; non sappiamo nemmeno  se possiamo credere seriamente nel potere di cui i poeti parlano tanto e con tanto entusiasmo, ma che non può essere ulteriormente esaminato analiticamente”.30 Per di più, la fanciulla non manifesta un’attitudine libidica “femminile”. Poiché il suo desiderio per la madre è attivo ed aggressivo, anche il suo finale raggiungimento della “femminilità” deve essere spiegato: “ In conformità con la sua peculiare natura, la psicoanalisi non tenta di descrivere ciò che una donna è … ma tenta di indagare come nasce, come una donna può svilupparsi da una bimba che ha un’indole bisessuale”.31

In breve, lo sviluppo femminile non poteva essere più dato per scontato come conseguenza della biologia. Al contrario, era diventato immensamente problematico. E’ nello spiegare l’acquisizione della “femminilità” che Freud impiega i concetti di invidia del pene e di castrazione, che hanno fatto infuriare le femministe sin da quando li introdusse per la prima volta. Secondo Freud, la fanciulla si allontana dalla madre e reprime gli elementi “mascolini” della sua libido in seguito al riconoscimento di essere castrata. Paragona la sua piccola clitoride al ben più grande pene, e di fronte alla sua evidente superiorità nel soddisfare la madre, cade preda dell’invidia del pene e di un senso di inferiorità. Abbandona la lotta per la madre ed assume una passiva posizione femminile nei confronti del padre. La spiegazione di Freud può essere letta come la pretesa che la femminilità sia una conseguenza delle differenze anatomiche tra i sessi. E’ stata pertanto accusata di determinismo biologico. Tuttavia, anche nelle versioni del complesso di castrazione femminile in cui Freud fa più riferimento all’anatomia, la “inferiorità” dei genitali femminili resta il prodotto di un contesto situazionale: la fanciulla si sente meno “equipaggiata” per possedere e soddisfare la madre. Se la femmina pre-edipica non dovesse affrontare l’eterosessualità della madre, potrebbe trarre conclusioni differenti circa il relativo  stato dei suoi genitali.

Freud non è mai stato tanto biologicamente determinista quanto alcuni pretendono. Sottolineò più volte che tutta la sessualità adulta è il risultato di uno sviluppo psichico e non biologico. Ma i suoi scritti sono spesso ambigui, e la sua scelta di parole lascia ampio spazio all’interpretazione biologica che è stata tanto popolare nella psicoanalisi americana. In Francia, invece, la tendenza della teorizzazione psicoanalitica è stata quella di de-biologizzare Freud e di concepire la psicoanalisi come una teoria dell’informazione, anziché organica.

Jacques Lacan, che è stato il promotore di questa linea di pensiero, sostiene che Freud non ha mai inteso dire nulla a proposito dell’anatomia e che la teoria di Freud fu invece una teoria del linguaggio e dei significati culturali imposti all’anatomia. Il dibattito a proposito del “vero” Freud è estremamente interessante, ma non è il mio scopo qui contribuire ad esso. Piuttosto, voglio riformulare le teoria classica della femminilità nella terminologia di Lacan, dopo aver introdotto alcuni dei pezzi concettuali della sua scacchiera.

La Parentela, Lacan ed il Fallo

Lacan suggerisce che la psicoanalisi sia lo studio delle tracce lasciate nella psiche degli individui dal processo di arruolamento obbligatorio nel sistema di parentela.

Non è straordinario che Lévi-Strauss, nel suggerire il coinvolgimento delle strutture del linguaggio con quella parte delle leggi sociali che regolano i legami matrimoniali e la parentela, stia già conquistando esattamente il terreno in cui Freud situa l’Inconscio?32

Perché dove mai altrimenti si potrebbero situare le determinazioni dell’inconscio se non in quegli schemi di nomi in cui i legami matrimoniali e la parentela sono sempre fondati? E come si potrebbero comprendere i conflitti analitici ed il loro prototipo edipico al di fuori di quegli obblighi che hanno fissato, assai prima che il soggetto venisse al mondo, non solo il suo destino, ma la sua stessa identità?33

Questo è precisamente il punto in cui si può dire che il complesso di Edipo... in questo contesto, marchi il limite che la nostra disciplina assegna alla soggettività: cioè a dire, quel che il soggetto può conoscere della partecipazione del suo inconscio al movimento delle complesse strutture dei legami matrimoniali, verificando gli effetti simbolici del movimento tangenziale verso l’incesto nella sua esistenza individuale.34

La parentela è la culturalizzazione della sessualità biologica a livello sociale; la psicoanalisi descrive la trasformazione della sessualità biologica degli individui durante il processo di inculturazione.

La terminologia della parentela contiene informazioni sul sistema. I termini indicanti la parentela sono marchi di status e indicano alcuni degli attributi di quegli status. Nelle Isole Trobriand, per esempio, gli uomini chiamano le donne dei loro clan col termine che significa “sorella”. Chiamano invece le donne dei clan nei quali possono cercare moglie con un termine che indica la loro matrimoniabilità. Quando un giovane trobriandese impara questi termini, impara anche quali donne può desiderare senza problemi. Nello schema lacaniano, la crisi edipica interviene quando il bambino impara le regole sessuali implicite nella terminologia usata per familiari e affini. La crisi inizia quando il bambino – o la bambina – comprende il sistema ed il suo posto in esso; si risolve quando accetta quel posto e vi si inserisce. Anche se il bambino rifiuta quella collocazione, non ne può evitare la consapevolezza. Prima della fase edipica, la sessualità del bambino è labile e relativamente non strutturata. Ogni bambino contiene tutte le possibilità sessuali disponibili all’espressione umana. Ma in ogni data società, solo alcune di queste possibilità vengono espresse, mentre altre vengono soppresse. Lasciando la fase edipica, la libido del bambino e la sua identità di genere sono state organizzate in conformità con le regole della cultura che lo sta addomesticando.35

Il complesso di Edipo è un meccanismo per la produzione della personalità sessuale. E’ un’ovvietà dire che le società tenderanno ad inculcare nei loro giovani i tratti di carattere appropriati per proseguire la conduzione degli affari sociali. E. P. Thompson, per esempio, parla della trasformazione della struttura della personalità della classe lavoratrice inglese quando da artigiani dovettero trasformarsi in bravi lavoratori industriali.36 Esattamente come le forme sociali del lavoro richiedono certi tipi di personalità, le forme sociali del sesso e del genere richiedono certi tipi di persone. In termini molto generali, il complesso di Edipo è un meccanismo per modellare le tipologie appropriate di individui sessuali.37

Nella teoria psicoanalitica di Lacan, è la terminologia di parentela a rivelare una struttura di relazioni che determinerà il ruolo di ciascun individuo od oggetto all’interno del dramma edipico. Per esempio, Lacan fa una distinzione tra la “funzione del padre” ed un particolare padre che incarna questa funzione. Nello stesso modo pone una radicale distinzione tra il pene ed il “fallo”, tra l’organo e l’informazione. Il Fallo è un insieme di significati conferiti al pene. La differenziazione tra fallo e pene nella terminologia psicoanalitica francese contemporanea enfatizza l’idea che il pene non possa giocare, ed in effetti non giochi, il ruolo attribuitogli nella terminologia classica del complesso di castrazione.38

Nella terminologia di Freud, il complesso di Edipo pone il bambino di fronte a due alternative: avere un pene o essere castrato. Per contrasto, la teoria del complesso di  castrazione di Lacan tralascia qualunque riferimento alla realtà anatomica.

La teoria del complesso di castrazione si risolve nel fatto che l’organo maschile gioca un ruolo dominante – questa volta come simbolo – fintanto che la sua presenza o assenza trasformi una differenza anatomica in una fondamentale classificazione tra umani, e fintanto che per ogni soggetto, la sua presenza o la sua assenza non sia data per scontata, non sia ridotta puramente e semplicemente ad un dato, ma sia il problematico risultato di un processo intra ed intersoggettivo (l’assunzione da parte del soggetto del suo proprio sesso)39

L’alternativa presentata al bambino può essere riformulata come un’alternativa tra possedere o non possedere il Fallo. La castrazione consiste nel non avere il fallo (simbolico). La castrazione non è una reale “mancanza”, ma un significato attribuito ai genitali della donna: “La castrazione può essere rafforzata da... la ricognizione nel Reale dell’assenza del pene nelle donne – ma anche questo presuppone una simbolizzazione dell’oggetto, poiché il Reale è tutto e la mancanza nulla. Nella misura in cui la castrazione è all’origine delle nevrosi, non è mai reale ma simbolica”.40

Il fallo è, per così dire, un carattere distintivo, differenziante “castrato” da “non castrato”. La presenza o l’assenza del fallo comporta la differenza tra due status sessuali, “uomo” e “donna”.41 Poiché questi non sono uguali, il fallo porta con sè anche il senso della dominazione degli uomini sulle donne, e si potrebbe dedurre che “l’invidia del pene” ne è un riconoscimento. Per di più, finchè gli uomini hanno diritti sulle donne che le donne non hanno su se stesse, il fallo comporta anche la differenza tra “scambiatore” e “scambiato”, tra dono e donatore. Alla fine, né la classica teoria del processo edipico freudiano, né la sua riformulazione lacaniana hanno senso a meno che tra noi non sussistano ancora almeno una parte dei rapporti di sessualità paleolitici. Viviamo ancora in una cultura “fallica”.

Lacan parla anche del fallo come oggetto simbolico che viene scambiato all’interno delle famiglie e tra di loro.42 E’ interessante pensare a questa osservazione in termini di transazioni matrimoniali primitive e di reti di scambio. In queste transazioni, di solito lo scambio di donne è uno dei tanti cicli di scambio. Normalmente ci sono altri oggetti in circolazione oltre alle donne. Le donne vanno in una direzione, bestiame, conchiglie, o tappeti nell’altra. In un certo senso, il complesso di Edipo è l’espressione della circolazione del fallo negli scambi intrafamiliari, una inversione della circolazione delle donne nello scambio interfamiliare. Nel ciclo di scambio espresso dal complesso edipico, il fallo passa per mezzo delle donne da un uomo all’altro – da padre in figlio, dal fratello della madre al figlio della sorella, e così via. Nell’ambito del Kula3 N.d.T., le donne vanno in una direzione, il fallo nell’altra. E’ dove noi non siamo. Il questo senso, il fallo è qualcosa di più di quel che distingue i sessi: è l’incarnazione dello status maschile, a cui gli uomini accedono ed a cui sono pertinenti certi diritti – tra cui, il diritto ad una donna. E una espressione della trasmissione della dominazione maschile. Passa attraverso le donne per essere assegnato agli uomini.43 La traccia che lascia dietro di sé include l’identità di genere, la divisione tra i sessi. Ma lascia più di questo. Lascia “l’invidia del pene”, che acquisisce il profondo significato dell’inquietudine delle donne in una cultura fallica.

Edipo rivisitato

Torniamo adesso ai due androgini pre-edipici, assisi al confine tra la biologia e la cultura. Lévi-Strauss pone il tabù dell’incesto su quel confine, argomentando che l’impulso che imprime allo scambio di donne costituisca l’origine delle società. In questo senso, il tabù dell’incesto e lo scambio di donne sono il contenuto del contratto sociale originario.44 Per gli individui, la crisi edipica interviene allo stesso spartiacque, quando il tabù dell’incesto avvia lo scambio del fallo.

La crisi edipica precipita con l’acquisizione di certe informazioni. I bambini scoprono le differenze tra i sessi, e che ogni bambino deve uniformarsi all’uno o all’altro genere. Scoprono anche il tabù dell’incesto, e che alcune sessualità sono proibite – in questo caso, che la madre è indisponibile per entrambi i bambini perché “appartiene” al padre. Infine, scoprono che i due generi non hanno gli stessi “diritti” sessuali, né lo stesso futuro.

Nel normale corso degli eventi, il ragazzo rinuncia alla madre per paura che il padre lo possa castrare (rifiuti cioè di consegnargli il fallo e faccia di lui una ragazza). Ma con questo atto di rinuncia, il ragazzo ratifica la relazione che ha consegnato la madre al padre, e che gli darà, se diventerà uomo, una donna tutta per lui. In cambio della ratifica del ragazzo dei diritti del padre sulla madre, il padre conferma il fallo al ragazzo (non lo castra). Il ragazzo scambia sua madre con il fallo, il pegno simbolico che potrà più tardi essere scambiato con un’altra donna. L’unica cosa che gli viene richiesta è un po’ di pazienza. Egli conserva la sua organizzazione libidica iniziale ed il sesso del suo oggetto d’amore originale. Il contratto sociale al quale ha acceduto riconoscerà infine i suoi propri diritti e gli procurerà una donna tutta per lui.

Quello che accade alla ragazza è più complesso. Ella, come il ragazzo, scopre il tabù dell’incesto e la separazione tra i sessi.  Scopre anche alcune spiacevoli informazioni circa il genere al quale sarà assegnata. Per il ragazzo, il tabù dell’incesto è un tabù su alcune donne. Per la ragazza, è un tabù su tutte le donne. Poiché ella è in una condizione di omosessualità nei confronti della madre, la legge della eterosessualità che domina lo scenario rende la sua posizione atrocemente insostenibile. La madre, e per estensione tutte le donne, possono essere amate solo da qualcuno “che abbia un pene” (il fallo). Poiché la ragazza non ha “il fallo”, ella non ha “diritto” di amare la madre o qualunque altra donna, dato che è ella stessa destinata a qualche uomo. Ella non possiede il pegno simbolico che può essere scambiato con una donna.

Se le parole di Freud che descrivono questo momento delle crisi edipica sono ambigue, la formulazione di Lampl de Groot rende esplicito il contesto che conferisce significato ai genitali: “Se la ragazzina arriva alla conclusione che tale organo è realmente indispensabile per possedere la madre, ella subirà, oltre all’oltraggio narcisistico comune ad entrambi i sessi, anche un altro colpo, e cioè un senso di inferiorità circa i suoi genitali”. La ragazza conclude che il “pene” è indispensabile per possedere la madre perché solo quelli che possiedono il fallo hanno “diritto” ad una donna, ed al pegno dello scambio. Non arriva alla sua conclusione a causa della naturale superiorità del pene di per se stesso, o come strumento per fare l’amore. La valutazione gerarchica dei genitali maschili e femminili è il risultato delle condizioni della situazione – la legge della eterosessualità obbligatoria e la consegna delle donne (quelle senza fallo, castrate) agli uomini (quelli con il fallo).

La ragazza comincia allora a volgersi dalla madre verso il padre. “Per la ragazza, (la castrazione) è un fatto compiuto,  irrevocabile, il riconoscimento del quale la spinge infine a rinunciare al suo primo oggetto d’amore e ad assaporare in pieno l’amarezza della sua perdita… Il padre è scelto come oggetto d’amore, il nemico si trasforma in amato”46. Questo riconoscimento della “castrazione” forza la ragazza a ridefinire la sua relazione con se stessa, la madre ed il padre.

Si allontana dalla madre perché non ha il fallo da darle. Si allontana dalla madre anche con rabbia e delusione, perché la madre non le ha dato un “pene” (fallo). Ma la madre, donna in una cultura fallica, non ha un fallo da donare (avendo ella stessa attraversato la crisi edipica una generazione prima). La ragazza quindi si rivolge al padre perché solo lui può “darle un fallo”, ed è solo tramite lui che può entrare nel sistema simbolico di scambio in cui il fallo circola. Ma il padre non dà il fallo a lei nello stesso modo in cui lo dà al ragazzo. Il fallo è confermato al ragazzo, che quindi ne dispone per darlo via a sua volta. La ragazza non ottiene mai il fallo. Esso la attraversa, ed il suo passaggio è trasformato in un figlio. Quando ella “riconosce la sua castrazione”, prende il suo posto di donna in una rete di scambio fallica. Ella può “ottenere” un fallo – durante il sesso, o sotto forma di figlio – ma solo come regalo da un uomo. Non ottiene mai un fallo da poter donare.

Quando si volge al padre, la ragazza reprime anche le parti “attive” della sua libido.

L’allontanamento dalla madre è un passo estremamente importante nel corso dello sviluppo della ragazzina. E’ più che un semplice cambio di oggetto ... insieme ad esso c’è da osservare una significativa riduzione degli impulsi sessuali attivi, ed un aumento di quelli passivi ... la transizione all’oggetto padre si completa con l’aiuto delle tendenze passive, in quanto esse hanno evitato la catastrofe. Il sentiero per lo sviluppo della femminilità è adesso aperto alla ragazza.47

L’affermazione della passività nella ragazza è dovuta al suo riconoscimento della futilità di perseguire i suoi desideri attivi, e dei termini ineguali dello scontro. Freud colloca i desideri attivi nel clitoride e quelli passivi nella vagina, e quindi descrive la repressione dei desideri attivi come la repressione della sessualità clitoridea in favore della sessualità vaginale. In questo schema, gli stereotipi culturali sono stati mappati sui genitali. Sin dal lavoro di Masters e Johnson è evidente che questa divisione genitale è sbagliata. Qualunque organo – pene, clitoride, vagina – può essere la sede di una sessualità sia attiva che passiva. Quel che è importante nello schema di Freud, comunque, non è la geografia del desiderio, ma la sua fiducia in se stesso. Non è tanto un organo ad essere represso, ma un segmento delle possibilità erotiche. Freud nota che: “ Quando la libido è costretta al servizio della funzionalità femminile, assai più restrizioni le vengono imposte”. La ragazza è stata derubata.

Se la fase edipica procede normalmente e la ragazza “accetta la sua castrazione”, la sua struttura libidica e la sua scelta dell’oggetto sessuale sono ora congruenti col suo ruolo di genere femminile. E’ diventata una piccola donna – femminile, passiva, eterosessuale. In verità, Freud suggerisce che siano tre i possibili sbocchi alternativi della catastrofe edipica. La ragazza può semplicemente dare di matta, reprimere totalmente la sua sessualità e divenire asessuata. Può protestare, aggrapparsi al suo desiderio ed al suo narcisismo, e divenire o “mascolina” o omosessuale. O può accettare la situazione, sottoscrivere il contratto sociale, e guadagnare la “normalità”.

Karen Horney critica l’intero schema Freud/Lampl de Groot. Ma nel corso della sua critica, ne articola le implicazioni.

Quando la ragazza per la prima volta si volge ad un uomo (il padre) lo fa principalmente attraverso lo stretto sentiero del risentimento. Dovremmo avvertire una contraddizione se il rapporto tra donna e uomo non conservasse per tutta la vita un’ombra di questa sostituzione forzata del reale oggetto del desiderio... Lo stesso carattere di qualcosa di remoto dall’istinto, di secondario e sostitutivo, dovrebbe fissarsi, anche nelle donne normali, al desiderio di maternità. Il punto fondamentale della visione di Freud  è che egli considera il desiderio di maternità non come qualcosa di innato, ma come qualcosa che può essere psicologicamente ridotto ai suoi elementi ontogenetici, e che trae originariamente  energia da elementi istintuali omosessuali o fallici. Ne seguirebbe, infine, che l’intera attitudine delle donne verso la vita sarebbe basata su un forte risentimento sotterraneo.49

Horney considera queste implicazioni talmente estreme da minare alla base l’intero schema freudiano. Ma è certamente plausibile argomentare invece che la creazione della “femminilità” nelle donne nel corso della socializzazione sia un atto di brutalità psichica, e che lasci nelle donne un immenso risentimento per la repressione cui sono state soggette. E’ anche possibile argomentare che le donne abbiano pochi mezzi per realizzare ed esprimere la loro rabbia residua. Si può leggere il saggio di Freud sulla femminilità come la descrizione di come un gruppo umano venga preparato psicologicamente , in tenera età, a convivere con questa oppressione.

C’è un elemento addizionale da considerare nella discussione classica sul conseguimento della femminilità. La ragazza si volge al padre in primo luogo perché è obbligata, perché è “castrata” (una donna indifesa). Poi scopre che la “castrazione” è il prerequisito per l’amore paterno, che deve essere donna perché egli la ami. Comincia perciò a desiderare la “castrazione”, e quel che prima era visto come un disastro diventa un desiderio. “L’esperienza analitica non lascia alcun dubbio sul fatto che la prima relazione libidica della ragazza col padre è masochistica, e che il desiderio masochistico nella sua prima fase distintamente femminile è: ‘Voglio essere castrata da mio padre”.50 Deutsch argomenta che tale masochismo può entrare in conflitto con l’ego, provocando la fuga delle donne dall’intera situazione per difendere la propria autostima. Quelle donne per cui la scelta è “tra trovare la beatitudine nella sofferenza o la pace nella rinuncia” avranno difficoltà a conseguire un sano atteggiamento nei confronti del sesso e della maternità.51 Perché la Deutsch sembri considerare queste donne come casi speciali invece che la norma, non appare evidente dalla sua discussione.

La teoria psicoanalitica della femminilità vede lo sviluppo femminile basato largamente su dolore ed umiliazione, e ci vuole un gran lavoro di fantasia per spiegare perché qualcuna dovrebbe essere felice di essere donna. A questo punto della discussione classica, la biologia fa il suo trionfante ritorno. Il lavoro di fantasia consiste nell’argomentare che trovare gioia nel dolore è adattativo per il ruolo femminile nella riproduzione, dato che la deflorazione ed il parto sono “dolorosi”. Non sarebbe molto più sensato mettere in discussione l’intera procedura? Se le donne, per trovare il loro posto nel sistema sessuale, devono essere derubate della loro libido e forzate in un erotismo masochistico, perché gli analisti non escogitano nuove soluzioni, invece di razionalizzare le vecchie?

La teoria della femminilità di Freud è stata soggetta alla critica femminista sin dalla sua prima apparizione. Nella misura in cui la teoria è una razionalizzazione della subordinazione femminile, la critica è del tutto giustificata. Nella misura in cui è una descrizione del processo di subordinazione delle donne, questa critica è invece un errore. Come descrizione del modo in cui una cultura fallica addomestichi le donne, e degli effetti sulle donne di questa domesticazione, la teoria psicoanalitica non ha eguali.52 E poiché la psicoanalisi è una teoria del genere, sarebbe malaccorto disconoscerla per un movimento politico impegnato nello sradicamento della gerarchia di genere (o del genere stesso). Non possiamo smantellare quel che non prendiamo sul serio o che non comprendiamo. L’oppressione delle donne è profonda; uguali salari, uguali lavori e tutte le donne politicanti del mondo non basteranno ad estirpare le radici del sessismo. Lévi-Strauss e Freud chiariscono quel che altrimenti sarebbe una parte mal compresa delle strutture profonde dell’oppressione sessuale. Essi ci aiutano a ricordare l’enormità e l’intrattabilità di quel che stiamo combattendo, e le loro analisi forniscono il quadro preliminare del meccanismo sociale che dobbiamo modificare.

Le Donne unite per eliminare il residuo edipico della Cultura.

La precisione dell’incastro tra Freud e Lévi-Strauss è stupefacente. I sistemi di parentela richiedono la separazione tra i sessi. La fase edipica separa i sessi. I sistemi di parentela includono una serie di regole per governare la sessualità. La crisi edipica consiste nell’assimilazione di queste regole e tabù. L’eterosessualità obbligatoria è un prodotto della parentela. La fase edipica costruisce il desiderio eterosessuale. La parentela si regge su una radicale differenza tra i diritti degli uomini e quelli della donne. Il Complesso di Edipo conferisce i diritti maschili al ragazzo e forza la ragazza ad adeguarsi ai suoi minori diritti.

Questa concordanza tra Freud e Lévi-Strauss implica che il nostro Sex/Gender System è ancora regolato dai principi esposti da Lévi-Strauss, nonostante il carattere del tutto premoderno dei suoi dati. I dati più recenti su cui Freud basa la sua teoria testimoniano la resistenza di queste strutture sessuali. Se la mia lettura di Freud e Lévi-Strauss è accurata, essa suggerisce che il movimento femminista dovrebbe tentare di risolvere la crisi edipica della cultura riorganizzando il dominio del sesso e del genere in modo tale che ogni individuale esperienza edipica risultasse meno distruttiva. Le dimensioni di tale impresa sono difficili da immaginare, ma occorre che almeno certe condizioni vengano soddisfatte.

Diversi elementi della situazione edipica andrebbero modificati per evitare che tale fase abbia effetti così disastrosi sul giovane ego femminile. La fase edipica crea una contraddizione nella giovane mettendola di fronte a richieste inconciliabili. Da un lato, l’amore per la madre è il risultato delle cure materne. La bambina è costretta a rinunciare a questo amore a causa del ruolo sessuale femminile – appartenere ad un uomo. Se la divisione sessuale del lavoro fosse tale da consentire agli adulti di entrambi i sessi di occuparsi egualmente dei figli, il primario oggetto sessuale sarebbe bisessuale. Se l’eterosessualità non fosse obbligatoria, questo amore precoce non dovrebbe essere represso, ed il pene non sarebbe sopravvalutato. Se il sistema di proprietà sessuale venisse riorganizzato in modo che gli uomini non avessero diritti dominanti sulle donne (se non ci fossero scambi di donne) e se non ci fossero generi, l’intero dramma edipico diventerebbe un relitto del passato. In breve, il femminismo deve reclamare una rivoluzione della parentela.

L’organizzazione di Sesso e Genere un tempo aveva una funzione ulteriore – organizzava le società. Oggi serve soprattutto ad organizzare e riprodurre se stessa. Relazioni sessuali costruite nel nostro lontano passato dominano ancora le nostre vite sessuali, le nostre idee sugli uomini e le donne, ed il modo in cui allevare bambini. Ma mancano della portata funzionale che una volta avevano. Uno dei più manifesti aspetti della parentela è che è stata sistematicamente spogliata delle sue funzioni – politiche, economiche, educative ed organizzative. E’ stata ridotta al nudo scheletro – sesso e genere.

La vita sessuale umana sarà sempre soggetta a regolamentazioni ed interventi umani. Non sarà mai completamente “naturale”, se non altro perché la nostra specie è articolatamente sociale e culturale. La selvatica espressione della sessualità infantile verrà sempre sottoposta a controllo. Il conflitto tra giovani inermi e immaturi e la complessa vita sociale degli anziani lascerà probabilmente sempre qualche disturbo residuo. Ma non è indispensabile che il meccanismo e gli scopi di questo processo continuino a non offrire possibilità di scelta indipendente e cosciente. L’evoluzione culturale ci fornisce l’opportunità di riprendere il controllo dei mezzi e dei modi della sessualità, della riproduzione e della socializzazione, e di prendere decisioni consapevoli per liberare la vita sessuale umana delle arcaiche relazioni che la deturpano. Alla fine, una compiuta rivoluzione femminista non libererebbe solo le donne. Liberando le forme dell’espressione sessuale, libererebbe la personalità umana dalla camicia di forza del Genere.

“Babbo, babbo, bastardo, ce l’ho fatta” – Sylvia Plath4 N.d.T.

Nel corso di questo saggio ho tentato di costruire una teoria dell’oppressione delle donne prendendo in prestito idee dell’antropologia e dalla psicoanalisi. Ma Freud e Lévi-Strauss scrivono dall’interno di una tradizione intellettuale prodotta da una cultura in cui le donne sono oppresse. Il rischio del mio tentativo è di vederlo contaminato dal sessismo che è parte della tradizione da cui quelle idee sono riprese. “Non possiamo enunciare una singola proposizione dirompente che non sia già scivolata nella forma, nella logica e negli impliciti postulati inerenti esattamente a quel che cerchiamo di contestare”53  E quel che scivola è formidabile. Sia la psicoanalisi che l’antropologia strutturale sono, in un certo senso, le più sofisticate ideologia sessiste sulla piazza.54

Per esempio, Lèvi-Strauss vede le donne come fossero parole, che vengono male utilizzate quando non sono “comunicate” e scambiate. Nell’ultima pagina di un lunghissimo libro, egli osserva che ciò crea una sorta di contraddizione nelle donne, dato che le donne sono allo stesso tempo “parlanti” e “parlate”. L’unico suo commento a questa contraddizione è questo:

Ma la donna non può mai diventare solo un segno e niente di più, dato che persino in un mondo di uomini ella è ancora una persona, e perciò, per quanto sia definita come segno, deve anche essere riconosciuta come generatrice di segni. Nel dialogo matrimoniale tra gli uomini, la donna non è mai soltanto quello di cui si parla; perché anche se le donne in generale rappresentano una certa categoria di segni, destinato ad un certo tipo di comunicazione, ogni donna conserva un particolare valore che scaturisce dalla sua capacità, prima e dopo il matrimonio, di recitare la sua parte in un duetto. Al contrario delle parole, che sono diventate completamente segni, la donna è rimasta allo stesso tempo un segno ed un valore. Questo spiega perché le relazioni tra i sessi abbiano conservato quella ricchezza affettiva, quel calore e quel mistero che in origine hanno indubbiamente permeato l’intero universo delle umane comunicazioni.55

Questa è un’affermazione straordinaria. Come mai, a questo punto, Lèvi-Strauss non denuncia apertamente quel che i sistemi di parentela fanno alle donne, invece di presentare uno dei più grandi imbrogli di tutti i tempi come fosse la radice del romanticismo?

Una simile insensibilità si manifesta nella psicoanalisi con l’incoerenza con cui metabolizza le implicazioni critiche della sua stessa teoria. Per esempio, Freud non esita a riconoscere che le sue scoperte sfidano la morale convenzionale: “Non possiamo evitare di osservare con occhi critici che abbiamo trovato impossibile dare il nostro supporto alla morale sessuale convenzionale e approvare i metodi con i quali la società tenta di risolvere i problemi pratici della vita sessuale. Possiamo dimostrare con facilità che quel che il mondo chiama codice morale richiede più sacrifici di quel che meriti, e che i suoi comportamenti non sono né dettati dall’onestà, né stabiliti con saggezza”.56

E tuttavia, quando la psicoanalisi dimostra con uguale facilità che le componenti ordinarie della personalità femminile sono il masochismo, l’odio di sé e la passività, un simile giudizio non viene formulato.57 Invece, viene utilizzato un doppio standard di interpretazione. Il masochismo non va bene per gli uomini, ma è essenziale per le donne. Un adeguato narcisismo è necessario agli uomini, impossibile per le donne. La passività è tragica nell’uomo, mentre la mancanza di passività è tragica nelle donne.

E’ questo doppio standard che consente ai clinici di far accomodare le donne in un ruolo la cui distruttività è cosi lucidamente descritta dalle loro stesse teorie. E’ lo stesso incoerente atteggiamento che consente ai terapisti di considerare il lesbismo come un problema da curare, invece che come una resistenza alla pessima situazione che la loro stessa teoria suggerisce.58 Ci sono momenti nella discussione analitica della femminilità in cui si potrebbe dire. “questa è oppressione delle donne “, o “possiamo dimostrare con facilità che quel che il mondo chiama femminilità richiede più sacrifici di quel che valga la pena”. Ed è precisamente a questo punto che le implicazioni della teoria vengono ignorate e vengono rimpiazzate con formulazioni il cui scopo è mantenere quelle implicazioni fermamente affondate nell’inconscio teoretico. E’ a questo punto che ogni sorta di misteriose sostanze chimiche, gioie nel dolore e destini biologici diventano sostituti di un giudizio critico sui costi della femminilità. Queste sostituzioni sono sintomi di una repressione teoretica in quanto inconsistenti con i canoni abituali dell’argomentazione psicoanalitica. La misura in cui queste razionalizzazioni della femminilità contraddicono il carattere della logica psicoanalitica è una prova evidente della profondità del bisogno di reprimere le implicazioni radicali e femministe della teoria della femminilità (le discussioni della Deutsch sono un eccellente esempio di questo processo di sostituzione e repressione).

L’argomentazione che occorre sviluppare allo scopo di incorporare Lévi-Strauss e Freud nella teoria femminista è piuttosto tortuosa. Mi ci sono impegnata per diverse ragioni. Primo, anche se né Lévi-Strauss né Freud mettono in discussione l’indubbio sessismo endemico ai sistemi che descrivono, le domande che ci dovremmo porre sono assolutamente ovvie. Secondo, il loro lavoro consente di isolare Sesso e Genere dai “modi di produzione”, e di contrastare una certa tendenza a spiegare l’oppressione sessuale come una conseguenza di fattori economici. I loro lavori forniscono il contesto nel quale tutta l’importanza della sessualità e del matrimonio può essere incorporata nell’analisi dell’oppressione sessuale. Suggerisce una concezione del movimento delle donne analoga, piuttosto che isomorfa, a quella del movimento dei lavoratori, in cui ciascun movimento si riferisce a fonti diverse del disagio umano. Nella visione di Marx, il movimento dei lavoratori dovrebbe fare più che liberarsi del fardello dello sfruttamento. Esso ha anche il potenziale per cambiare la società, liberare l’umanità, e creare una società senza classi. Forse il movimento delle donne ha il compito di realizzare lo stesso tipo di cambiamento sociale in un tipo di sistema del quale Marx aveva solo una percezione imperfetta. Qualcosa del genere è implicito in Wittig – la dittatura delle amazzoni guerrigliere è un mezzo temporaneo per conseguire una società senza generi.

Il sistema Sesso/Genere non è invariabilmente oppressivo, ed ha perso gran parte della sua funzione. Tuttavia non scomparirà senza opposizione. Supporta ancora il peso sociale del Sesso e del Genere, della socializzazione dei giovani, e della produzione di concezioni definitive sulla natura stessa degli esseri umani. E serve scopi economici e politici oltre a quelli per cui fu originariamente progettato.59 Il sistema Sesso/Genere deve essere riorganizzato attraverso l’azione politica.

Infine, l’esegesi di Lévi-Strauss e Freud suggerisce una precisa visione della politica e dell’utopia femminista.  Suggerisce che non dovremmo perseguire l’eliminazione degli uomini, ma l’eliminazione del sistema sociale che crea sessismo e genere. Personalmente, trovo la visione di un matriarcato delle Amazzoni, in cui gli uomini siano ridotti alla servitù o all’oblio (a seconda della fattibilità della riproduzione partenogenetica), disgustosa ed inadeguata. Una tale visione conserva Genere e divisione tra i sessi. E’ una visione che si limita a  rovesciare gli argomenti di coloro che fondano l’inevitabile dominazione maschile sulla prova di  inestirpabili e profonde differenze biologiche tra i sessi. Ma noi non siamo solo oppresse in quanto donne; siamo oppresse dal dovere di essere donne – o, al caso,  uomini. Personalmente sento che il movimento femminista deve aspirare a molto di più che non l’eliminazione dell’oppressione femminile. Deve aspirare all’eliminazione delle sessualità obbligatorie e dei ruoli sessuali. Il sogno che trovo irresistibile è quello di una società androgina e priva di Generi (ma non di sessi), in cui la propria anatomia sessuale sia irrilevante per chi si è, per cosa si fa, e per chi scegliamo per fare l’amore.

L’Economia Politica del Sesso

Sarebbe bello poter concludere qui con le implicazioni per il femminismo e la liberazione omosessuale dell’intersezione di Freud e Lévi-Strauss. Ma voglio suggerire, in via sperimentale, un passo successivo: un’analisi marxista del sex/gender system. I sistemi Sesso/Genere  non sono emanazioni della mente umana al di fuori della Storia; sono prodotti dell’attività storica umana.

Abbiamo bisogno, per esempio, di una analisi della evoluzione dello scambio sessuale secondo le stesse linee seguite da Marx nella discussione nel Capitale dell’evoluzione della moneta e delle merci. Ci sono una economia ed una politica dei sistemi Sesso/Genere che sono oscurate dal concetto di “scambio delle donne”. Per esempio, un sistema in cui le donne sono scambiabili solo fra loro ha sulle donne effetti differenti da quelli di un sistema in cui c’è una merce succedanea delle donne.

Che il matrimonio nelle società semplici implichi uno “scambio” è una nozione piuttosto vaga che ha spesso confuso l’analisi dei sistemi sociali. Il caso estremo è lo scambio di “sorelle”, praticato un tempo in certe zone dell’Australia e dell’Africa. Qui il termine ha il preciso significato da dizionario di: “essere ricevuto come equivalente per”, “dare e ricevere reciprocamente”. Da un punto di vista completamente differente, la proibizione praticamente universale dell’incesto significa che i sistemi matrimoniali implicano necessariamente lo “scambio” di fratelli e sorelle per gli sposi, dando luogo ad una reciprocità che è puramente simbolica. Ma nella maggior parte delle società, il matrimonio è mediato da una serie di transazioni intermedie. Se vediamo queste transazioni come implicanti semplicemente reciprocità a breve o lungo termine, la nostra analisi rischia di essere confusa. L’analisi è ulteriormente limitata se si considera il passaggio di proprietà semplicemente come simbolizzante un trasferimento di diritti, perché allora la natura dell’oggetto trasferito ... è di poca importanza. Nessuno di questi approcci è sbagliato; entrambi sono inadeguati.60

Ci sono sistemi in cui una donna non ha sostituti. Per trovare moglie, un uomo deve avere diritti di conferimento su una figlia, una sorella od un’altra parente femmina. Deve poter controllare della carne femminile. I Lele ed i Kuma fanno al caso. I maschi Lele ordiscono continue macchinazioni per acquisire diritti su qualche ragazza anche non ancora nata, e continuano a macchinare poi per far valere il loro diritti. Il matrimonio di una ragazza Kuma è determinato da una intricata rete di debiti, ed ella a ben poco da dire sulla scelta del marito. Normalmente una ragazza è maritata contro la sua volontà, ed il suo promesso sposo conficca una freccia nella sua coscia per impedirle simbolicamente di fuggire. In effetti, le giovani spose quasi sempre fuggono, solo per essere restituite al loro nuovo marito grazie ad una elaborata cospirazione messa in atto da parenti ed affini.62

In altre società, esistono sostituti per le donne. Una donna può essere convertita nel prezzo della sposa, ed il prezzo della sposa può essere di nuovo convertito in una donna. La dinamica di questi sistemi varia di conseguenza, e così fa lo specifico tipo di pressione esercitato sulla donna. Il matrimonio di una donna Melpa non è la compensazione per un debito precedente. Ogni contrattazione è autonoma, nel senso che il pagamento in maiali e conchiglie estingue il debito. La donna Melpa, perciò, ha più margine nella scelta del marito della sua controparte Kuma; tuttavia, il suo destino è legato a quello del prezzo della sposa. Se i parenti di suo marito sono lenti a pagare, i suoi parenti possono incoraggiarla a lasciarlo; d’altro canto, se i suoi parenti sono soddisfatti dei pagamenti, possono rifiutarsi di aiutarla nel caso che voglia lasciare il marito. Per di più, i suoi parenti maschi usano il prezzo della sposa per il loro scopi personali, nella scambio Moka e per i loro matrimoni. Se una donna lascia il marito, il prezzo della sposa deve essere restituito in tutto od in parte. Se, come è spesso il caso, maiali e conchiglie sono già stati distribuiti o promessi, i suoi parenti saranno riluttanti ad aiutarla in caso di discordie domestiche. E ogni volta che una donna divorzia e si risposa, il valore del suo prezzo della sposa decresce. Nel complesso, i consanguinei maschi sopporteranno una perdita in caso di divorzio, a meno che lo sposo non sia in arretrato con i pagamenti. Benché una donna Melpa sia più libera come sposa novella di una donna Kuma, il sistema del prezzo della sposa rende il divorzio difficile o impossibile.63

In alcune società, come i Nuer, il prezzo della sposa può essere convertito solo in una sposa. In altre, il prezzo della sposa può essere convertito in altro, come prestigio politico. In questo caso, il matrimonio di una donna è parte di un sistema politico. Nel sistema del Big Man delle alture della Nuova Guinea, i beni distribuiti per le donne vengono distribuiti anche negli scambi sui quali è basato il potere politico. All’interno del sistema politico, gli uomini hanno continuamente bisogno di beni da erogare, e dipendono dalle loro entrate. Essi dipendono non solo dai loro partner immediati, ma anche dai partner dei loro partner, sino a diversi livelli di trasferimento. Se un uomo deve restituire il prezzo della sposa, potrebbe non essere in grado di restituirlo a qualcuno che ha pianificato di darlo a qualcun altro che a sua volta intende usarlo per dare una festa dalla quale il suo status dipende. I Big Men sono quindi interessati agli affari domestici di persone con cui hanno relazioni estremamente indirette. Ci sono casi in cui i capi intervengono in dispute matrimoniali che riguardano partner di scambio molto lontani affinchè la serie di scambi Moka non venga interrotta.64 Il peso di questo intero sistema può gravare su una donna costretta ad un matrimonio miserabile.

In breve, in un sistema matrimoniale ci sono altre questioni da indagare che non semplicemente se ci sia o no uno scambio di donne. Una donna è scambiata solo per un’altra donna, o esistono equivalenti? Questo equivalente vale solo per le donne, o può essere scambiato con altro? Se può essere scambiato con altro, è scambiato con potere politico o ricchezza? D’altro canto, il prezzo della sposa può essere ottenuto solo in uno scambio matrimoniale, o può provenire altrimenti? Si possono accumulare donne grazie alla ricchezza? Si può accumulare ricchezza distribuendo donne? Il sistema matrimoniale è parte di un sistema di stratificazione sociale?65

Le ultime domande evidenziano un altro obiettivo dell’economia politica del sesso. Il matrimonio e la parentela sono parti di un sistema sociale totale e sono legati a questioni economiche e politiche.

Lévi-Strauss ... sostiene giustamente che le implicazioni strutturali del matrimonio possono essere comprese soltanto se le pensiamo come elementi di una intera serie di transazioni tra gruppi di parentela. Fino a qui, tutto bene. Ma in nessuno degli esempi che fornisce nel suo libro sviluppa questo principio abbastanza a fondo. La reciprocità degli impegni di parentela non sono meramente simboli di alleanza, sono anche transazioni economiche, transazioni politiche, concessioni di diritti di domicilio e sfruttamento dei terreni. Nessun quadro utile di “come i sistemi di parentela funzionino” può essere completato a meno che questi diversi aspetti ed implicazioni dell’organizzazione di parentela non vengano presi in considerazione nel loro insieme.66

Tra i Kachin, la relazione tra affittuario e proprietario terriero è anche una relazione tra genero e suocero. “Il procedimento necessario per acquisire diritti sulla terra è quasi in ogni caso equivalente allo sposare una donna dal lignaggio del proprietario”.67 Nel sistema Kachin, il prezzo della sposa passa da un plebeo ad un aristocratico, mentre le donne si spostano in direzione opposta.

Da un punto di vista economico, l’effetto del matrimonio matrilineare tra cugini è che, in media, il lignaggio del capofamiglia trasferisce ricchezza al lignaggio del Capo sotto forma di prezzi della sposa. Da un punto di vista analitico, il pagamento può essere considerato come un affitto pagato dall’affittuario al proprietario terriero. La parte più importante di questo pagamento arriva sotto forma di beni consumabili – cioè bestiame. Il Capo converte questa ricchezza deperibile in prestigio indeperibile attraverso feste spettacolari. I consumatori ultimi dei beni, in questo modo, finiscono per essere i produttori originari, la gente qualunque che partecipa alla festa.68

In un altro esempio, nelle Isole Trobriand è tradizione che gli uomini mandino in dono – urigubu – il raccolto di patate alla famiglia della loro sorella. Per la gente comune questo si risolve in una semplice circolazione di patate. Ma il capo è poligamo, e sposa una donna di ogni distretto del suo dominio. Ognuno di questi distretti quindi spedisce urigubu al capo, rifornendo i suoi straripanti magazzini, grazie ai quali egli finanzia feste, prodotti artigianali e le spedizioni Kula. Questo “fondo di potere” sostiene il sistema politico e forma la base del potere del capo.69

In alcuni sistemi la posizione nella gerarchia politica è intimamente legata alla posizione nel sistema matrimoniale. A Tonga, le donne sposavano maschi di rango più alto. Dunque, lignaggi di basso rango davano le loro donne a lignaggi di rango più alto. Le donne dei lignaggi più alti venivano maritate nella “Casa delle Fiji”, un lignaggio definito come estraneo al sistema politico. Se il capo del lignaggio più alto avesse concesso sua sorella ad un lignaggio diverso da quello escluso dal sistema di rango, non sarebbe stato più un capo del più alto rango. Piuttosto, il lignaggio del figlio di sua sorella avrebbe superato il suo. In tempi di sommovimenti politici, la rimozione dal potere del lignaggio più alto veniva formalizzata dalla concessione di una moglie ad un lignaggio che era precedentemente inferiore. Nelle Hawaii accadeva il contrario. Le donne maritavano in basso, ed il lignaggio dominante forniva mogli ai lignaggi inferiori. La cosa migliore era o sposare una sorella o ottenere una moglie da qualche terra lontana. Quando un  lignaggio inferiore usurpava il rango, formalizzava la sua posizione concedendo una moglie al lignaggio precedentemente superiore.

Ci sono persino alcuni dati allettanti che suggeriscono che i sistemi matrimoniali possono essere implicati nella evoluzione delle stratificazioni sociali e forse nello sviluppo degli stati primitivi. Il primo passo del consolidamento politico che risultò poi nella formazione dello Stato in Madagascar avvenne quando un capo ottenne il controllo di diversi distretti autonomi grazie ad una serie vantaggiosa di matrimoni e di eredità. A Samoa, la leggenda racconta che  l’origine del titolo supremo – il Tafa’ifa –fu il risultato dell’incrocio matrimoniale tra i più alti ranghi dei quattro maggiori lignaggi. Le mie idee sono troppo speculative ed i miei dati troppo abbozzati per poter dire molto su questo soggetto. Ma bisognerebbe intraprendere una ricerca di dati che potrebbe dimostrare come i sistemi matrimoniali interagiscano con processi politici di larga scala come la costruzione degli Stati. I sistemi matrimoniali potrebbero esservi implicati in molti modi: nell’accumulazione di ricchezza e nel mantenimento di un accesso differenziato alle risorse politiche ed economiche; nella costruzione di alleanze; nel consolidamento di personale di alto rango in un unico strato sociale chiuso da matrimoni endogami.

Questi esempi – come quelli dei Kachin e delle Trobriand – mostrano che i sistemi sessuali non possono essere compresi, in ultima analisi, come sistemi isolati. Una analisi completa della situazione delle donne in una singola società, o attraverso la storia, deve prendere in considerazione tutto: l’evoluzione della mercificazione delle donne, i sistemi di diritti del suolo, gli arrangiamenti politici, le tecnologie di sussistenza, e così via. Altra cosa ugualmente importante, le analisi economiche e politiche sono incomplete se non prendono in considerazione le donne, il matrimonio e la sessualità. Gli oggetti tradizionali dell’antropologia e delle Scienze Sociali – come l’evoluzione delle stratificazioni sociali, e l’origine degli Stati – devono essere rimeditati per includere le implicazioni del matrimonio matrilineare tra cugini, il plusvalore fornito dalle figlie, la conversione del lavoro femminile in ricchezza maschile, la trasformazione delle vite femminili in alleanze matrimoniali, il contributo del matrimonio al potere politico, e le trasformazioni che tutti questi vari aspetti della società hanno subito nel corso del tempo.

Questa impresa è, in ultima analisi, esattamente quel che Engels tentò di fare nel suo sforzo di rendere coerenti tanti diversi aspetti della vita sociale. Tentò di correlare uomini e donne, le città e la campagna, la parentela e lo Stato, le forme di proprietà, i sistemi di sfruttamento del suolo, la conversione della ricchezza, le forme dello scambio, le tecnologie di produzione del cibo e le forme del commercio – giusto per nominarne qualcuno – in un sistematico resoconto storico. Alla fine, qualcuno dovrà scrivere una versione aggiornata de Le Origini della Famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato, riconoscendo la mutua interdipendenza tra sessualità, economia e politica, senza sottostimare il pieno significato di ciascuna nella società umana.

*****


Ringraziamenti

           I ringraziamenti sono una espressione inadeguata di quanto questo saggio, come molti altri, sia il risultato del lavoro di molte persone. Sono anche necessari per sollevare altri dalla responsabilità di ciò che è, alla fine, la personale interpretazione di una discussione collettiva. Intendo assolvere e ringraziare le seguenti persone: Tom Anderson e Arlene Gorelick, coautori con me dell’articolo di cui questo lavoro è una evoluzione; Rayna Reiter, Larry Shields, Ray Kelly, Peggy White, Norma Diamond, Randy Reiter, Frederick Wyatt, Anne Locksey, Juliet Mitchell, e Susan Harding per le innumerevoli conversazioni ed idee; Marshall Sahlins, per avermi fatto scoprire l’Antropologia; Lynn Eden per l’editing spietato; Sally Brenner per l’eroica dattiloscrittura; Susan Lowers per l’incredibile pazienza; ed Emma Goldman, per il titolo.

Note

1. Lionel Tiger e Robin Fox, The Imperial Animal, Holt, Rinehart and Winston, 1971, (Ristampato da Transaction Publisher nel 1997)

2. Karl Marx, Wage-Labour and Capital, p. 28. New York, International Publisher, 1971 (Traduzione italiana “Lavoro Salariato e Capitale”, Editori Riuniti, 2006)

3. Su questo, vedi Althusser and Balibar, Reading Capital, pp 11-69, New Left Books, London, 1970. (Trad. It. L. Althusser - E. Balibar, “Leggere il Capitale”,  Feltrinelli, Milano 1971)

4. Muoversi tra marxismo, strutturalismo e psicoanalisi produce un certo conflitto di epistemologie. In particolare, lo strutturalismo è un barattolo da cui i vermi strisciano fuori per tutta la mappa epistemologica. Piuttosto che tentare di affrontare questo problema,  ho più o meno ignorato il fatto che Lacan e Lévi-Strauss sono tra i principali capostipiti viventi della rivoluzione intellettuale francese contemporanea (vedi Foucault, 1970). Sarebbe divertente, interessante e, se questa fosse la Francia, essenziale, iniziare il mio discorso dal centro del labirinto strutturalista e cercare la mia strada fuori da lì, lungo le linee di una “teoria dialettica della prassi significante” (vedi Robert Hefner, "The Tel Quel Ideology: Material Practice upon Material Practice", 1974, Substance, 8, 127-138)
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5. Margaret Benston, "The Political Economy of Women's Liberation" Monthly Review Settembre 1969; Mariarosa Dalla Costa, The Power of Women and the Subversion of the Community (1972) (Potere Femminile e Sovversione Sociale, Marsilio, 1972); Isabel Larguia and John Dumoulin, "Towards a Science of Women's Liberation", NACLA Newsletter 6 (10) (1972); Ira Gerstein, "Domestic Work and Capitalism", Radical America Vol. 7 nr 4-5, 1973; Lise Vogel, "The Earthly Family" Radical America Vol. 7 nr 4-5, 1973; Wally Secombe, "Housework under Capitalism" New Left Review I/83 Gennaio-Febbraio 1974; Jean Gardiner, "Political Economy of Female Labor in Capitalist Society"; Mickey Rowntree and John Rowntree, "More on the Political Economy of Women's Liberation.", Monthly Review, Vol. 21, No. 8: Gennaio 1970

6. Marx, “Theories of Surplus value”, 1969, Moscow, Progress Publishers, Part I, p. 399. (“Teorie sul Plusvalore” - Libro IV del Capitale, Editori Riuniti, 1971)

7. Marx, Capital, 572.

8. Ibid., 171.

9. Buona parte del dibattito sulle donne ed il lavoro domestico si è incentrato sul quesito se il lavoro domestico sia o no lavoro “produttivo”. Strettamente parlando, il lavoro domestico non è ordinariamente “produttivo” nel senso tecnico del termine  (Ian Gough, "Marx and Productive Labour" 1972, New Left Review, 76, p 47-72; Marx, “Theories of Surplus Value”, Part I, 387-413). Ma questa distinzione è irrilevante per il punto principale dell’argomento. Il lavoro domestico può non essere “produttivo” nel senso di produrre direttamente plusvalore, o capitale, e tuttavia essere un elemento cruciale nella produzione di plusvalore e capitale.
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10. Robert Murphy, "Social Structure and Sex Antagonism", 195, Southwestern Journal of Anthropology Vol. 15, No. 1 (1959), pp. 89-98

11. Marx, Capital, 171, enfasi aggiunta..

12. Frederick Engels, “The Origin of the Family, Private Property, and the State” 1972, Edited by Eleanor Leacock, New York, Internationa Publisher, p. 71-72, enfasi aggiunta. (Le Origini della Famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato, Editori Riuniti, 2005 )

13. Che alcune di esse siano davvero bizzarre dal nostro punto di vista dimostra solo l’assunto che la sessualità si esprime per il tramite della cultura (vedi Clellan Ford e Frank Beach, “Pattern of Sexual Behaviour” New York, Harper, 1972 – Traduzione italiana, “La sessualità nell’Uomo e nei Mammiferi”, Astrolabio, 1951). Alcuni esempi possono essere tratti dagli esotismi che fanno la delizia degli antropologi. Tra i Banaro, il matrimonio comporta diverse relazioni sessuali socialmente imposte. Quando una donna si sposa, è iniziata ai rapporti sessuali da un amico fraterno del padre dello sposo. Solo dopo aver avuto un bambino da quest’uomo comincia ad avere rapporti anche col marito. Conduce anche una relazione istituzionalizzata con l’amico fraterno del marito. I partner di un maschio includono la moglie, la moglie del suo fraterno amico, e la moglie del figlio del suo amico fraterno. (Richard Thurnwald, “Banaro Society” 1916). I rapporti multipli sono un’usanza ancora più pronunciata tra i Marind Anim. Al momento del matrimonio, la sposa ha rapporti con tutti i membri del clan dello sposo, e solo in ultimo con lo sposo stesso. Ogni festa importante prevede una pratica chiamata otiv-bombari, in cui il seme è raccolto per scopi rituali. Alcune donne hanno rapporti con molti uomini, ed il seme che ne risulta è raccolto in un contenitore realizzato con l’involucro di una noce di cocco. Un maschio Marind è costretto a diversi rapporti omosessuali durante l’iniziazione (Van Baal, “Dema”). Tra gli Etoro, i rapporti eterosessuali sono tabù tra 205 e 260 giorni all’anno (Kelly, "Witchcraft and Sexual Relations"). In gran parte della Nuova Guinea, gli uomini temono la copulazione, e credono che li ucciderà se vi si impegnano senza precauzioni magiche. (Glasse, "The Mask of Venery"; Meggitt, "Male-Female Relationships in the Highlands of Australian New Guinea"). Normalmente, l’idea della contaminazione femminile esprime la subordinazione delle donne. Ma I sistemi simbolici contengono contraddizioni interne, le cui conseguenze logiche conducono a volte all’inversione degli assunti su cui sono basati. Nella Nuova Britannia, il timore che gli uomini hanno del sesso è così estremo che lo stupro è  paventato più dagli uomini che dalle donne. Sono le donne ad inseguire gli uomini, che fuggono da loro, sono le donne ad essere gli aggressori sessuali, ed i promessi sposi quelli che si ritraggono (Goodale and Chowning, "The Contaminating Woman", 1971). Altre interessanti variazioni sessuali possono essere trovate in Nur Yalman, "On the Purity of Women in the Castes of Ceylon and Malabar", The Journal of the Royal Anthropological Institute of Great Britain and Ireland Vol. 93, No. 1 (Jan. - Jun., 1963), pp. 25-58 and E. Kathleen Gough, "The Nayars and the Definition of Marriage", The Journal of the Royal Anthropological Institute of Great Britain and Ireland Vol. 89, No. 1 (Jan. - Jun., 1959), pp. 23-34

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14. Vedi gli Enga, i Maring, i Bena Bena, gli Huli, i Melpa, i Kuma, i Gahuku-Gama, i Fore, i Marind Anim, ad nauseam. Vedi  Ronald Murray Berndt, “Excess and Restraint, Social Control Among a New Guinea Mountain People” University of Chicago Press, 1962; L. L. Langness, "Sexual Antagonism in the New Guinea Highlands" Oceania, Volume 37, pages 161–177, Marzo 1967; Roy A. Rappaport, “Pigs for the Ancestors, Ritual in the Ecology of a New Guinea People” Yale University Press, 1968 (Traduzione italiana “Maiali per gli antenati. Il rituale nell'ecologia di un popolo della Nuova Guinea”, Franco Angeli, 1979) ; K. E. Read, "The Nama Cult of the Central Highlands, New Guinea" Oceania, Volume 23, pages 1–25, Settembre 1952; M. J. Meggitt, "Male-Female Relationships in the Highlands of Australian New Guinea" American Anthropologist, New Series, Vol. 66, No. 4, Part 2: New Guinea: The Central Highlands (Agosto., 1964), pp. 204-224; R. M. Glasse, "The Mask of Venery" relazione presentata al 70mo meeting annuale dell'American Anthropological Association, New York City Dicembre 1971; Marilyn Strathern, “Women in Between”, 1971, New York, Seminario; Marie Reay, “The Kuma”, Cambridge University Press, 1959, J. Van Baal, “Dema” The Hague Nijhoff, 1966; Shirley Lindenbaum, "A Wife Is the Hand of the Man", Relazione presentata al 72mo meeting annuale dell'American Anthropological Association, 1973.

15. Engels pensava che gli uomini acquisissero ricchezza sotto forma di mandrie e che, volendo trasmettere questa ricchezza ai loro figli, sovvertissero i “diritti della madre” in favore dell’eredità patrilineare. “Il rovesciamento dei diritti della madre costituì la sconfitta storica mondiale del sesso femminile. L’uomo prese il sopravvento anche in casa; la donna fu degradata e ridotta in servitù; divenne schiava della sua lussuria ed un semplice strumento per la produzione di figli”. (Engels, The Origin of the Family, Private Property, and the State, 120-21). Come è stato spesso osservato, le donne non hanno necessariamente una significativa autorità sociale in società che praticano la discendenza matrilineare (David Schneider and Kathleen Gough, “Matrilineal Kinship”, 1961, Berkeley, University of California Press).
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16.Marshall Sahlins, "The Origin of Society", Scientific American, 203/3, pp 76-86; Frank Livingstone, "Genetics, Ecology, and the Origins of Incest and Exogamy", 1969, Current Anthropology, 10/1 pp 45-49; Claude Lévi-Strauss, “The Elementary Structures of Kinship”, 1969, Boston, Beacon Press, (“Le Strutture Elementari della Parentela”, Feltrinelli, 2003)

17. Elizabeth Fee, "The Sexual Politics of Victorian Social Anthropology" Feminist Studies Vol. 1, No. 3/4, Special Double Issue: Women's History (Winter - Spring, 1973), pp. 23-39

18. Marcel Mauss, “The Gift”, 1967, New York:W.W. Norton (“Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche” Einaudi, 2002) Vedi anche Marshall Sahlins, “Stone Age Economics”, 1972, Chicago: Aldine-Atherton,  chap. 4. ( “L'economia dell’Età della Pietra. Scarsità e Abbondanza nelle Società Primitive”, Bompiani, Milano, 1980)

19. Arapesh, citato in Lévi-Strauss, The Elementary Structures of Kinship, 27.

20. Bronislaw Malinowski, “The Sexual Life of Savages”, 1929, London, Routledge and Kegan (“La Vita Sessuale dei Selvaggi”, Raffaello Cortina Editore, 2005) .

21. Sahlins, Stone Age Economics, 169,175.

22. Lévi-Strauss, The Elementary Structures of Kinship, 51,481.

23. Best, cited in ibid., 481.

24. “Cosa, ti piacerebbe sposare tua sorella? Qual è il problema, con te? Non vuoi un cognato? Non ti rendi conto che se sposi la sorella di un altro uomo ed un altro ancora sposa tua sorella, avrai almeno due cognati, mentre se sposi tua sorella non ne avrai nessuno? Con chi andrai a caccia, con chi coltiverai, a chi farai visita?” (Arapesh, citato in ibid., 485).
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25. Ibid., 115. L’analisi della società come basata sui legami stretti tra gli uomini per mezzo delle donne rende il separatismo dei movimenti femministi perfettamente comprensibile. Il separatismo può essere visto come un mutamento della struttura sociale, come un tentativo di creare un gruppo sociale basato su legami diretti tra le donne. Può essere anche visto come una radicale negazione dei “diritti” degli uomini sulle donne e come la rivendicazione delle donne dei diritti su loro stesse.
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26. Marilyn Strathern, “Women in Between”, New York: Seminar Press, 1972, p. 161.

27. Per questo significato di produzione, vedi Marx, “Pre-capitalist Economic Formations”, 80-99.

28. “Nello studiare le donne non possiamo ignorare i metodi di una scienza della mente, una teoria che tenta di spiegare come le donne divengano donne e gli uomini, uomini. La linea di confine tra biologico e sociale che trova espressione nella famiglia è il territorio che la psicoanalisi intende mappare, il terreno dove si originano le distinzioni sessuali.” (Juliet Mitchell, “Women's Estate”, 1971, New York: Vintage, p. 167 – Traduzione italiana “La Condizione della Donna”, Einaudi, 1972). “Qual è l’oggetto della psicoanalisi? … nient’altro che gli effetti a lungo termine negli adulti della straordinaria avventura che con la liquidazione della fase edipica trasforma un piccolo animale concepito da un uomo ed una donna in un piccolo essere umano ... gli effetti ancora presenti nei sopravvissuti alla forzata umanizzazione del piccolo animale umano in un uomo o una donna” (Louis Althusser, "Freud and Lacan,", 1969, 57, 59 – Traduzione italiana, “Sulla Psicoanalisi, Freud e Lacan”, Raffaello Cortina Editore, 1994)
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29. Le teorie psicoanalitiche della femminilità vennero articolate nel contesto di un dibattito che si svolse largamente sulle pagine del International Journal of Psychoanalysis e del The Psychoanalytic Quaterly, tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’30. Gli articoli che rappresentano l’ambito della discussione includono: Freud, "Female Sexuality," "Some Psychical Consequences of the Anatomical Distinction between the Sexes," "Femininity"; Lampl de Groot, "Problems of Femininity," "The Evolution of the Oedipus Complex in Women"; Deutsch, "On Female Homosexuality," "The Significance of Masochism in the Mental Life of Women"; Horney, "The Denial of the Vagina"; Jones, "The Phallic Phase." Alcune delle date sono di ristampe; per la cronologia originale, vedi Chasseguet- Smirgel (Female Sexuality, introduction).  Il dibattito fu complesso, ed io l’ho semplificato. Freud, Lampl de Groot, e Deutsch sostennero che la femminilità si sviluppava da una bambina bisessuale, “fallica”. Horney e Jones ritenevano la femminilità innata. Il dibattito non fu privo di ironie. Horney difendeva le donne dall’invidia del pene postulando che le donne nascono, e non divengono, tali; Deutsch, che sosteneva che le donne divengono, e non nascono, tali, sviluppò una teoria del masochismo femminile la cui miglior rivale è La Storia di O. Io ho attribuito il nucleo della versione “Freudiana” dello sviluppo femminile egualmente a Freud a Lampl de Groot. Leggendo gli articoli, mi è parso che la teoria sia altrettanto (se non di più) dovuta a lei che a lui.
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30. Sigmund Freud, "Femininity", 1965, in New Introductory Lectures in Psychoanalysis, edito da J, Strachey, New York: W.W. Norton, p. 119. (“La Femminilità”, in “Introduzione alla Psicoanalisi. Prima e Seconda Serie di Lezioni”, Boringhieri, Torino 1978)

31. Ibid., 116

32. Jaques Lacan, “The Language of Self: The Function of Language in Psychoanalysis”, 48. (“Funzione e Campo della Parola e del Linguaggio in Psicoanalisi”, Scritti, vol. I, a cura di G.B. Contri, Einaudi, Torino 1974)

33. Ibid., 126.

34. Ibid., 40.

35. ( I desideri erotici e le identità di gender possono ovviamente deviare dalla destinazione prescritta. Ma persino la devianza si conforma ai parametri storicamente e socialmente disponibili. – G.R.)

36. E. P. Thompson, “The Making of the English Working Class”, 1963, New York: Vintage (trad. it., “Rivoluzione Industriale e Classe Operaia in Inghilterra”, 1969, Milano, Il Saggiatore)

37. See also the discussion of different forms of "historical individuality" in Althusser and Balibar, Reading Capital, 112, 251-53.

38. Colloco la mia posizione su Freud in qualche punto tra le interpretazioni strutturaliste francesi e quelle biologiste americane, perché penso che i testi di Freud si trovino ugualmente, da qualche parte, nel mezzo. Freud parla effettivamente di peni, della “inferiorità” della clitoride, e delle conseguenze psichiche dell’anatomia. I lacaniani, d’altra parte, sostengono sulla base dei testi di Freud che egli è incomprensibile se le sue parole sono prese alla lettera, e che una teoria completamente non anatomica può essere dedotta dalle sue intenzioni (vedi Althusser, “Freud and Lacan”). Io penso che abbiano ragione; il pene è troppo sbandierato in giro perché il suo ruolo possa essere preso alla lettera. L’isolabilità del pene e la sua trasformazione in fantasia ( e.g., pene = feci = bambino = dono) testimonia fortemente per una interpretazione simbolica. Nondimeno, non credo che Freud fosse così coerente come Lacan ed io vorremmo fosse stato, e dobbiamo fare qualche concessione a quello che disse, anche mentre giochiamo con quel che dovrebbe aver inteso.
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39. Laplanche and Pontalis, in Jeffrey. Mehlman, “French Freud: Structural Studies in Psychoanalysis”, Yale French Studies No. 48, (1972), pp, 198-99, enfasi aggiunta.

40. Anthony  Wilden, "Lacan and the Discourse of the Other”, 1968, Baltimore: John Hopkins University Press, p. 271.

41. Su alcuni aspetti distintivi, vedi Roman Jakobson and Morris Halle, “Fundamentals of Language”, 1971, Le Hague: Mouton (Trad. It. “I Fondamenti del Linguaggio” in Roman Jacobson “Saggi di Linguistica Generale”, Feltrinelli, 2002)

42. Anthony Wilden, "Lacan and the Discourse of the Other", cit., pp. 303-5.

43. La madre pre-edipica è la “madre fallica”; è considerata in possesso del fallo. L’informazione che scatena la fase edipica è che la madre non possiede il fallo. In altre parole, la crisi è precipitata dalla “castrazione” della madre, dalla scoperta che il fallo si limita a passare attraverso di lei, ma non è fisso in lei. Il “fallo” deve passarle attraverso perchè la relazione di un maschio con qualunque altro maschio è definita attraverso una donna. Un padre è unito al figlio dalla madre, a suo nipote tramite una sorella, e così via. Ogni relazione tra parenti maschi è definita dalla donna che si trova fra loro. Se il potere è una prerogativa maschile, e deve essere trasferito, deve passare attraverso una donna. Marshall Sahlins suggerì una volta che il motivo per cui le donne sono così spesso descritte come stupide, contaminanti, confuse, sciocche, profane, o che altro è perché queste categorizzazioni definiscono le donne come “incapaci” di possedere il potere che deve essere trasferito attraverso di loro (comunicazione personale).
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44. Vedi Sahlins, “Stone Age Economics”, cit. chap. 4.

45. Jeanne Lampl de Groot, "Problems of Femininity", 1933, Psychoanalityc Quaterly 2, p. 497, enfasi aggiunta.

46. Jeanne Lampl de Groot, "The Evolution of the Oedipus Complex in Women”, 1948,  The Psychoanalitic Reader, ed. R. Fleiss, New York: International University Press, p. 213, enfasi aggiunta.

47. Freud, "Some Psychical Consequences of the Anatomical Distinction between the Sexes," . p. 239, in “The Complete Works of Sigmund Freud”, Vol. 21, ed. James Strachey, London: Hogarth, 1961 (trad. it. “Alcune Conseguenze Psichiche delle Differenze Anatomiche tra i Sessi”, in Opere di Sigmund Freud, Volume 10, Torino, Bollati Boringhieri, 2000)

48. Freud, "Femininity," cit., p. 131.

49. Karen Horney, "The Denial of the Vagina", 1973, in “Feminine Psychology”, edito da Harold Kelman, New York: Norton, p. 148-49 (trad. it. “Psicologia Femminile”, Armando, Roma, 1973.)

50. Helene Deutsch, "On Female Homosexuality", 1948, The Psychoanalityc Reader, ed. R. Fleiss, New York: International University Press, p. 228.

51. Ibid., 231.

52. Vedi anche  Juliet Mitchell, “Women's Estate”, cit., e  Psychoanalysis and Feminism”, 1974, New York: Pantheon (trad. it. “Psicoanalisi e Femminismo”, 1974, Einaudi); vedi anche Christopher Lasch, "Freud and Women", 1974, New York Review of Books, 21/15:12-17

53. Jacques Derrida, "Structure, Sign, and Play in the Discourse of the Human Sciences", 1972, in “The Structuralist Controversy”, edito da R. Macksey e E. Donato, Baltimore: John Hopkins University Press, p. 250. (trad. It “La Struttura, il Segno e il Gioco nel Discorso delle Scienze Umane” in Derrida, “La Scrittura e la Differenza”, Torino, Einaudi, 1971)

54. Alcune parti de “Les Guérilleres” della Wittig, sembrano essere delle tirate contro Lévi-Strauss e Lacan. Per esempio: “Non ha forse scritto, potere e possesso sulle donne, piacere e godimento delle donne: scrive che sei moneta, un articolo di scambio. Egli scrive, baratto, baratto, possesso ed acquisto di donne e mercanzia. Meglio per te vedere le tue interiora al sole ed esalare l’ultimo respiro piuttosto che vivere una vita di cui chiunque può appropriarsi. Cosa ti appartiene su questa terra? Solo la morte. Nessun potere al mondo può portartela via. E – considera, spiega, dì a te stessa – se la felicità consiste nel possedere qualcosa, allora tienti stretta questa suprema felicità – morire”.(Monique Wittig, “Les Guérillères”, 1973, New York: Avon – trad. it. “Le Guerrigliere”, edito da "Lesbacce Incolte", Bologna, 1996). L'interpretazione delle femministe francesi di Lacan e Lévi Strauss è particolarmente evidente in un gruppo chiamato “Psychoanalyse et Politique”, che definì come proprio scopo femminista l’uso e la critica della psicoanalisi lacaniana..
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55. Lévi-Strauss, “The Elementary Structures of Kinship”, cit. p. 496, enfasi aggiunta.

56. Sigmund Freud, “A General Introduction to Psychoanalysis”, 1943, Garden City: Garden City, pp. 376-77, enfasi aggiunta. (trad. it. “Introduzione alla Psicoanalisi”, in Opere di Sigmund Freud, Vol. 8 Torino, Bollati Boringhieri, 2000)

57. "Ogni donna adora un fascista" (Sylvia Plath, "Daddy", Ariel: The Restored Edition, New York: Harper Collins, 2004).

58. Una specialista, Charlotte Wolff (“Love between Women”, London: Duckworth, 1971 – trad. it. Amore tra Donne”, Astrolabio, 1972) ha portato la teoria psicoanalitica della femminilità alle sue estreme conseguenze logiche, ed ha proposto che il lesbismo sia un esito salutare della socializzazione femminile: “Le donne che non si ribellano contro la condizione di oggetto si dichiarano sconfitte come persone a pieno titolo” (p. 65). “La ragazza lesbica è una che, con tutti i mezzi a sua disposizione, cercherà di trovare un posto sicuro all’interno ed all’esterno della famiglia, combattendo per l’eguaglianza col maschio. Non cercherà di compiacerlo, come le altre donne: al contrario disprezzerà la sola idea di farlo”. (ibid. p. 49). “La lesbica era ed è indiscutibilmente all’avanguardia nella battaglia per l’uguaglianza dei sessi, e per la liberazione psichica delle donne” (ibid. p. 66). E’ rivelatore comparare la discussione della Wolff con gli articoli sul lesbismo contenuti in Judd Marmor, “Sexual Inversion: The Multiple Roots of Homosexuality”, London: Basic, 1965 (trad. it. “L'inversione Sessuale: I Diversi Aspetti dell'Omosessualità”, Feltrinelli, Milano 1970)
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59. John Finley Scott, 1965,  "The Role of Collegiate Sororities in Maintaining Class and Ethnic Endogamy", American Sociological Review 30, no. 4, pp. 415-26

60. Jack Goody and S. J. Tambiah, “Bridewealth and Dowry”, Cambridge: Cambridge University Press, 1973, p. 2.

61. Mary Douglas, “The Lele of Kasai”, London: Oxford University Press, 1963.

62. Marie Reay, “The Kuma”, London: Cambridge University Press, 1959.

63. Strathern, “Women in Between”, cit.

64. Ralph Bulmer, 1960 "Political Aspects of the Moka Ceremonial Exchange System among the Kyaka People of the Western Highlands of New Guinea", Oceania 31, No. 1, p. 11.

65. Un’altra linea di ricerca potrebbe comparare i sistemi basati sul prezzo della sposa con quelli basati sulla dote. Molti di questi argomenti sono trattati in Goody and Tambiah, “Bridewealth and Dowry”, cit.
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66. Edmund Leach, “Rethinking Anthropology”, 1971, New York: Humanities, p.  90.

67. Ibid, 88.

68. Ibid., 89.

69. Bronislaw Malinowski, 1970, "The Primitive Economics of the Trobriand Islanders", in “Culture of The Pacific”, edito da T. Harding e B. Wallace, New York: Free Press.

70. Henry Wright, comunicazione personale.

Note alla Sezione “Dentro il Labirinto”

(1) Claude Lévi-Strauss, 1971, “The Family”, in “Man, Culture and Society”, edito da H. Shapiro, London: Oxford University Press, pp. 347-348

(2) Raymond Kelly, “Etoro Social Structure, A Study in Structural Contradiction”, 1974, ristampa 1977, Ann Arbor University of Michigan Press; vedi anche J. Van Baal, “Dema”, The Hague: Nijhoff, 1966, e F.E. Williams, “Papuans of the Trans-Fly”, New York: Oxford University Press, 1936

(3) E.E. Evans-Pritchard, 1970, “Sexual Inversion among the Azande”, American Anthropologist, 72, pp 1428-34

(4) Melville Herskovitz, 1937,  A Note on ‘Woman Marriage’ in Dahomey”, Africa 10, No. 3, pp. 335-41

(5) George Devereaux, 1937, “Istituzionalized Homosexuality among Mohave Indians”, Human Biology 9, No. 4, pp. 498-529; vedi anche Douglas McMurtrie, “A Legend of Lesbian Love among North American Indians”, Urologic and Cutaneous Review, Aprile 1914, pp.192-193, e David Sonenschein, “Homosexuality as a Subject of Anthropological Inquiry”, Anthropological Quaterly 2, 1966, pp 73-82

(6) Mary Douglas, “The Lele of Kasai”, London, Oxford University Press, 1963; Marie Reay, “The Kuma”, London, Cambridge University Press, 1959

Note del Traduttore

(1) Les Guérillères è un romanzo della femminista francese Monique Wittig, pubblicato nel 1969, che descrive una sanguinosa, ma alla fine vittoriosa, guerra contro gli uomini.

(2) Moka è il termine utilizzato da alcune culture della Papua Nuova Guinea per indicare un sistema di scambi altamente ritualizzato, che è diventato emblematico del concetto antropologico di “economia del dono” (gift economy).

(3) Kula è lo scambio simbolico dei doni effettuato nelle Isole Trobriand

(4) Nell’originale: “Daddy, daddy, you bastard, I’m through Il titolo della sezione è l’ultimo verso della poesia della novellista e poetessa Sylvia Plath “Daddy”, il racconto di una metaforica uccisione del padre.

 



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